La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum contro l’autonomia differenziata: oggi sono state pubblicate le motivazioni della sentenza.
I giudici della Corte Costituzionale hanno giudicato incostituzionale il quesito referendario sull’abrogazione del ddl Calderoli sull’autonomia differenziata delle Regioni. Il referendum, come è noto, non si farà.
La Consulta aveva emesso il verdetto lo scorso 20 gennaio, sottolineando che “l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari”. Contemporaneamente aveva dichiarato ammissibili gli altri 5 quesiti, su cittadinanza, Jobs Act, indennità di licenziamento nelle piccole imprese, contratti di lavoro a termine, responsabilità solidale del committente negli appalti.
Su questo referendum contro l’autonomia si sarebbe dovuto votare in primavera, in una domenica tra il 15 aprile e il 15 giugno. Tutto partiva da un’iniziativa di Cgil, Uil, partiti di opposizione e associazioni civili, a cui si erano aggiunti i consigli regionali di Campania, Sardegna, Toscana, Puglia ed Emilia Romagna. I due quesiti iniziali erano stati unificati in un unico quesito, che chiedeva sostanzialmente l’abrogazione del cosiddetto ddl Calderoli, approvato nel giugno 2024
“Con la sentenza numero 10 pubblicata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum per l’abrogazione della legge numero 86 del 2024, contenente disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni ordinarie ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari. Il quesito ha come oggetto l’abrogazione della legge numero 86, quale risultante a seguito della sentenza numero 192 del 2024”, si legge in una nota della Corte costituzionale.
Quest’ultima sentenza, a cui i giudici della Consulta fanno riferimento, è appunto la numero 192 del 2024, che ha eliminato ben sette punti della legge, e ne ha riscritti altri cinque. La sentenza della Corte aveva ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata, considerando invece illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo.
Per i giudici non erano chiare le finalità del referendum sull’autonomia
“La Corte – si legge ancora nella nota di oggi – ha osservato che tale sentenza ha profondamente inciso sull’architettura essenziale della predetta legge, dichiarando l’illegittimità costituzionale di molteplici disposizioni della stessa legge e l’illegittimità consequenziale di altre disposizioni, fornendo anche l’interpretazione costituzionalmente orientata di ulteriori disposizioni.
In particolare, la Corte ha sottolineato che la sentenza numero 192 ha comportato il trasversale ridimensionamento dell’oggetto dei possibili trasferimenti alle Regioni (solo specifiche funzioni e non già materie), nonché la paralisi dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti diritti civili o sociali.
Questo significa che, secondo i giudici, attualmente non c’è modo di determinare i Lep. “La conseguenza è che risulta obiettivamente oscuro l’oggetto del quesito, che originariamente riguardava la legge numero 86 e ora riguarda quel che resta della stessa legge a seguito delle numerose e complesse modifiche apportate dalla sentenza numero 192. Ciò pregiudica la possibilità di una scelta libera e consapevole da parte dell’elettore, che la Costituzione garantisce”.
“Il quesito è inoltre privo di chiarezza quanto alla sua finalità. La rilevata oscurità dell’oggetto del quesito porta con sé un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum. Con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato. La consultazione referendaria verrebbe ad avere una portata che trascende quel che i Costituenti ritennero fondamentale, cioè l’uso corretto – e ragionevole – di questo importante strumento di democrazia. Se si ammettesse la richiesta in esame, si avrebbe una radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale”, conclude la nota della Consulta.
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