Ecco a che punto siamo sul caso Almasri: la vicenda diventa sempre piĆ¹ intricata e lo scontro tra Governo e Magistratura continua ad acuirsi di giorno in giorno.
La vicenda della scarcerazione e del rimpatrio del comandante libico Almasri (per un approfondimento sulla vicenda, vi rimandiamo alla lettura del seguente articolo https://lentepubblica.it/cittadini-e-imprese/il-caso-almasri-vicenda-complessa-tra-decisioni-e-ambiguita-istituzionali/) ha innescato un acceso dibattito politico e istituzionale, culminato nella comunicazione dellāiscrizione nel registro degli indagati a carico della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, del Ministro dellāInterno Matteo Piantedosi e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Lāaccusa ipotizzata ĆØ di favoreggiamento e peculato, in relazione alle modalitĆ con cui il generale libico ĆØ stato prima arrestato in Italia e poi rilasciato e riportato in Libia con un volo di Stato.
Il procedimento trae origine da un esposto dellāavvocato Luigi Li Gotti, che si fonda sulla possibile violazione dellāart. 378 c.p. (favoreggiamento personale), che punisce chi aiuta un soggetto a eludere le indagini delle autoritĆ , incluse quelle della Corte Penale Internazionale. Il presunto utilizzo di un volo di Stato per agevolare il rimpatrio di Almasri configurerebbe, secondo Li Gotti, anche il reato di peculato (art. 314 c.p.).
Caso Almasri: lo scontro politico tra Governo e Magistratura e lāaccusa di āgiustizia a orologeriaā
La decisione della Procura di Roma di trasmettere gli atti al Tribunale dei Ministri ha scatenato dure reazioni da parte del governo e della maggioranza, che leggono la vicenda come un āattacco politicoā e una risposta ostile della magistratura alla riforma della giustizia promossa dallāesecutivo, in particolare alla separazione delle carriere tra magistratura requirente e giudicante.
Lāannuncio ĆØ stato fatto proprio dalla Premier che, nella giornata del 28 gennaio, ha affidato ad un video sui social la diffusione della notizia, dichiarando: āIl procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasriā. Meloni ha dunque denunciato il tentativo di destabilizzare il suo esecutivo, affermando di non essere āricattabileā e di non volersi far āintimidireā dalla magistratura.
Immediata e compatta la reazione del governo. Il vicepremier Matteo Salvini ha parlato di āvergognaā e ha rilanciato la necessitĆ di una riforma della giustizia, mentre Antonio Tajani ha definito lāiscrizione nel registro degli indagati come una āripiccaā per la riforma sulla separazione delle carriere.
Le narrazioni del centrodestra e dellāANM
Le dichiarazioni della maggioranza si inseriscono in una narrazione consolidata nel centrodestra, che da anni denuncia una presunta faziositĆ della magistratura nei confronti dei governi di destra. Il riferimento di Meloni al processo contro Salvini per il caso Open Arms, anchāesso avviato su denuncia dellāavvocato Li Gotti, rafforza questa lettura. Il centrodestra accusa i magistrati di strumentalizzare lāazione giudiziaria per interferire con il processo legislativo, in particolare sulla riforma della giustizia in discussione in Parlamento.
Di contro, lāANM ha respinto ogni accusa di politicizzazione, ribadendo che lāatto della Procura di Roma costituisce un āatto dovutoā e non una scelta discrezionale. Tuttavia, il fatto che il provvedimento sia arrivato alla vigilia di una nuova discussione sulla separazione delle carriere ha alimentato sospetti di tempistiche āsospetteā da parte della maggioranza.
Profili giuridici della vicenda
Al di lĆ perĆ² dello scontro politico e istituzionale, ci sono alcuni aspetti di natura squisitamente giuridica che necessitano di un chiarimento.
Partiamo dallāannuncio della Premier, la quale ha dichiarato di aver ricevuto un avviso di garanzia. Ebbene, lāinformazione (o avviso) di garanzia ĆØ un istituto disciplinato dallāart. 369 c.p.p., il quale dispone che āA tutela delĀ diritto di difesa, quando deve compiere un atto al quale ilĀ difensoreĀ haĀ diritto di assistere, ilĀ pubblico ministeroĀ notifica alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa unaĀ informazione di garanziaĀ contenente la descrizione sommaria del fatto, lāindicazione delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto e lāinvito a esercitare la facoltĆ di nominare unĀ difensore di fiduciaā.
Lo scopo ĆØ consentire al soggetto indagato di esercitare concretamente il diritto di difesa (tutelato dallāart. 24 Cost.), allorquando il P.M. debba porre in essere attivitĆ che richiedono lāassistenza del difensore.
Iscrizione nel registro degli indagati
Quella invece ricevuta da Meloni e dagli altri Ministri ĆØ cosa ben diversa, trattandosi di una comunicazione di iscrizione nel registro degli indagati.
Lāart. 96 della Costituzione stabilisce che il Presidente del Consiglio e i Ministri sono responsabili per i reati commessi nellāesercizio delle loro funzioni e sono soggetti alla giurisdizione ordinaria.
Tale norma va letta in combinato disposto con quanto previsto dallāart. 6 della legge costituzionale n. 1 del 1989, che al co. 1 dispone che le denunce concernenti i reati indicati dallāart. 96 Cost. sono inviate al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di Corte dāappello competente per territorio. Il successivo co. 2 invece prevede testualmente: āIl procuratore della Repubblica, omessa ogni indagine, entro il termine di quindici giorni, trasmette con le sue richieste gli atti relativi al collegio di cui al successivo articolo 7, dandone immediata comunicazione ai soggetti interessati perchĆ© questi possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati.ā
Normativa e giurisprudenza
La norma, quando parla di ācollegioā si riferisce al cd. Tribunale dei Ministri, ovvero un organo presente in ogni distretto di Corte di appello e composto da tre membri, estratti a sorte tra tutti i magistrati in servizio nei tribunali del distretto.
Pertanto, dal punto di vista procedurale, la trasmissione dellāinformativa al Tribunale dei Ministri costituisce un vero e proprio obbligo per il Procuratore della Repubblica, il quale, omessa ogni indagine, dĆ altresƬ comunicazione immediata ai soggetti interessati dellāavvenuta trasmissione degli atti al Tribunale dei Ministri.
Nel caso di specie, dunque, la Procura di Roma non ha potuto svolgere alcuna autonoma valutazione circa la fondatezza o meno delle accuse.
Ricevuta la comunicazione, il Tribunale dei Ministri ha 90 giorni per valutare la fondatezza delle accuse. Spetta poi al Parlamento lāultima parola sullāeventuale prosecuzione delle indagini. Questa procedura, allāapparenza intricata, in realtĆ ĆØ stata concepita per garantire un equilibrio tra i poteri dello Stato, evitando che la magistratura possa avviare indagini autonome su membri del governo senza un filtro istituzionale.
Al riguardo, la giurisprudenza della Cassazione ha chiarito che ālāobbligo del Pubblico Ministero di iscrivere nel registro di cui allāart. 335Ā c.p.p. la notizia di reato sorge nel momento in cui questi acquisisce tutti gli elementi idonei a configurare oggettivamente la fattispecie criminosaā (cfr. Cass. pen., Sez. Unite, Sentenza, 24/09/2009, n. 40538). Pertanto, il pubblico ministero, prima di procedere allāiscrizione della notitia criminis ĆØ tenuto a valutare la sussistenza di elementi astrattamente riconducibili alla fattispecie di reato.
La circolare della Procura di Roma
In questo contesto, particolarmente rilevante ĆØ anche una circolare del 2017 firmata da Giuseppe Pignatone, allora Procuratore di Roma, che invitava i magistrati a evitare iscrizioni frettolose e a procedere solo in presenza di indizi specifici. Nella circolare si legge che sebbene sia evidente la funzione di garanzia dellāiscrizione allāinterno del procedimento, ānon puĆ² essere trascurato che la condizione di indagato ĆØ connotata altresƬ da aspetti innegabilmente negativi, tanto da giustificare, secondo la Corte costituzionale con la sentenza, 174/1992, la previsione di un termine delle indagini preliminariā. Pignatone evidenziava gli effetti pregiudizievoliĀ derivanti dallāiscrizione, la quale puĆ² essere anche strumentalizzata dai denuncianti per scopi diversi rispetto allāaccertamento della veritĆ processuale.
Pertanto, Pignatone sottolineava che āprocedere a iscrizioni non necessarie ĆØ tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovuteā.
Tuttavia, la circolare non ĆØ applicabile al caso in esame, in quanto la trasmissione degli atti al Tribunale dei Ministri segue un rito accelerato stabilito dalla legge costituzionale e che non presuppone alcuna valutazione discrezionale da parte del P.M.
Secondo il costituzionalista Gaetano Azzariti, la Procura ha seguito alla lettera la procedura prevista dalla legge costituzionale 1/1989, senza compiere alcuna indagine nƩ valutare la fondatezza della denuncia, ma limitandosi a trasmettere il fascicolo al competente Tribunale dei Ministri. In questa fase, quindi, i membri del governo non sono effettivamente indagati e il procedimento potrebbe chiudersi con il no del Parlamento a procedere.
Questa interpretazione, tuttavia, non ĆØ condivisa dalla Giunta dellāUnione delle Camere Penali, secondo cui non esisterebbe alcun automatismo, motivo per cui la magistratura avrebbe comunque dovuto verificare se la notizia di reato avesse un minimo di fondamento prima dellāiscrizione.
Una tempesta che non smette di infuriare
La tempesta politica e giudiziaria perĆ² non sembra essere destinata a fermarsi. Ć del 3 febbraio, infatti, la notizia di una nuova denuncia presentata alla Procura di Roma: questa volta il denunciante sembra essere una delle vittime delle torture perpetrate dal generale libico Osama Almasri, tale Lam Magok Biel Ruei.
Nel ricorso, firmato dallāavvocato Francesco Romeo, si accusano la premier Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il ministro dellāInterno Matteo Piantedosi di favoreggiamento, sostenendo che abbiano agevolato la fuga di Almasri impedendone lāarresto in Italia nonostante il mandato della Corte penale internazionale.
Lāesposto pone lāaccento sul āsilenzio prolungatoā del ministro Nordio, che avrebbe potuto chiedere la custodia cautelare dellāex comandante libico e sul decreto di espulsione firmato dal ministro Piantedosi, che ha permesso un rimpatrio immediato sul Falcon. Secondo lāaccusa, questa decisione, condivisa con Meloni avrebbe garantito lāimpunitĆ a un criminale accusato di tortura, stupro e omicidio.
Nel ricorso, si legge della presunta esistenza di āun comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio scorso che dimostra che le autoritĆ italiane erano state non solo opportunamente informate dellāoperativitĆ del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attivitĆ di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire lāadeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione. In quello stesso comunicato si riporta che le autoritĆ italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale di non commentare pubblicamente lāarresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenzaā.
La vicenda Almasri evidenzia ancora una volta il delicato equilibrio tra politica e giustizia in Italia, alimentando un dibattito che trascende il caso specifico per toccare questioni istituzionali piĆ¹ ampie. Da un lato, il governo denuncia un presunto uso politico della magistratura, evocando il rischio di ingerenze giudiziarie nel processo legislativo; dallāaltro, la Procura di Roma rivendica lāapplicazione rigorosa delle norme, senza margini di discrezionalitĆ . Al di lĆ delle tensioni, resta il nodo di una giustizia percepita come strumento di scontro politico, un tema che riaccende il dibattito sulla riforma del sistema giudiziario e sul rapporto tra poteri dello Stato.
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