Bufera su Lo Voi, la Procura di Perugia indaga sul caso Caputi e l’esposto del DIS

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L’affaire dei documenti riservati dell’intelligence entra nel vivo: la Procura di Perugia sta per aprire ufficialmente le danze, con il fascicolo pronto a finire nero su bianco all’inizio della prossima settimana.

Secondo fonti ben informate, l’operazione scatterà lunedì, mettendo sotto la lente d’ingrandimento la segnalazione giunta dal Dipartimento delle informazioni per la sicurezza.

Il nodo della riservatezza delle informative

Nel cuore della vicenda c’è la gestione disinvolta di documenti blindati che avrebbero dovuto restare sotto chiave. L’articolo 42, comma 8, della legge 124 del 2007 stabilisce in modo inequivocabile: chi riceve comunicazioni sensibili ha il dovere di proteggerle come un forziere.

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Ma secondo il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, avrebbe lasciato che certe carte top secret su Gaetano Caputi, capo di Gabinetto della Presidente del Consiglio, prendessero il largo. Un’accusa pesante, che trasforma l’indagine in un ring istituzionale ad alta tensione.

Il caso Caputi e l’azione del Csm

Le carte che riguardano Gaetano Caputi scottano, e la loro diffusione ha messo in fibrillazione le stanze del potere. I consiglieri laici di centrodestra hanno bussato alla porta del Consiglio superiore della magistratura con una richiesta chiara: mettere sotto inchiesta il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi, e valutare se sia il caso di spostarlo altrove per incompatibilità ambientale e funzionale. Non solo, vogliono che la Procura generale della Cassazione dia un’occhiata più da vicino alla faccenda, per verificare se ci siano illeciti disciplinari da contestare.

Non capita tutti i giorni che i servizi segreti italiani puntino il dito contro un procuratore capo. L’esposto contro Lo Voi alza il livello dello scontro tra istituzioni e fa emergere nodi che vanno ben oltre la sola questione Caputi. Sullo sfondo c’è anche la gestione dell’inchiesta relativa alla scarcerazione di Njeim Osama Elmasry, meglio noto come Almasri, ex capo della polizia giudiziaria libica. Arrestato su mandato della Corte penale internazionale e poi rilasciato nel giro di due giorni, il suo caso è diventato un altro pezzo del mosaico che tiene in bilico equilibri delicati tra governo, procure e apparati di sicurezza.

Precedenti richieste di intervento

Non è certo la prima volta che il nome di Lo Voi finisce nei radar del Csm. Già in passato, gli stessi consiglieri laici avevano provato a mettere un punto interrogativo sulla sua gestione, chiedendo lumi sulla sua decisione di iscrivere nel registro degli indagati la Presidente del Consiglio e alcuni ministri per la vicenda Almasri. Un déjà-vu che riporta all’origine della bufera: la denuncia di Gaetano Caputi contro il quotidiano Domani, reo di aver sventolato i suoi affari sui giornali.

Le indagini hanno portato a una scoperta tutt’altro che irrilevante: tre accessi sospetti ai dati finanziari di Caputi da parte di agenti dell’AISI. Un dettaglio che ha fatto scattare la richiesta di chiarimenti da parte di Lo Voi, che nel giugno scorso ha bussato alla porta del DIS, all’epoca guidato da Elisabetta Belloni. La risposta è arrivata con un bel faldone di dieci pagine, un monito chiaro sulla necessità di maneggiare con cura quelle informazioni. Ma qualcosa deve essere andato storto, perché quelle carte riservate sono finite nei fascicoli degli avvocati di quattro giornalisti di Domani, che non si sono fatti pregare e le hanno trasformate in titoli di prima pagina.

Le tensioni istituzionali

I consiglieri Isabella Bertolini, Claudia Eccher, Daniela Bianchini, Enrico Aimi e Felice Giuffrè puntano il dito contro la gestione del caso Caputi, sostenendo che abbia innescato una frattura nei rapporti tra la Procura di Roma e i servizi segreti. Secondo loro, la magistratura avrebbe dovuto trattare certe informazioni come un caveau di banca, evitando che finissero nelle mani sbagliate.

Ma qui la storia è più grande del singolo caso. Siamo davanti a uno scontro istituzionale in piena regola. La Presidente del Consiglio, fresca di un’iscrizione nel registro degli indagati per favoreggiamento e peculato, ha fatto il nome di Lo Voi come responsabile del procedimento. Un deja-vu che sa di regolamento di conti, visto che Lo Voi è lo stesso che aveva già sfidato Matteo Salvini nel caso Open Arms.

Nel frattempo, il governo cerca di parare i colpi sul caso Almasri, mentre Lo Voi si trova nel bel mezzo di una bufera che rischia di travolgere più di una pedina sulla scacchiera politica e giudiziaria.

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