Space economy: una straordinaria occasione per l’Italia


La space economy è nata fin da subito sulla spinta degli investimenti pubblici. Oggi, tuttavia assistiamo ad un sempre più consistente ingresso di privati anche in questo settore, il che ha dato avvio alla cosiddetta new space economy, un fenomeno che, in gran parte, coincide proprio con la “privatizzazione” dello spazio.

Il comparto spaziale è così diventato un fornitore destinato a condizionare sempre di più la vita sulla terra, laddove, secondo le valutazioni di Morgan Stanley e di Merril Lynch, a livello mondiale, il segmento downstream, costituito dalle applicazioni innovative e dai servizi avanzati, porterà il settore spaziale a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari entro il 2040.

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L’Italia dedica una spesa importante per lo Spazio

L’Italia è, per conto suo, uno dei pochi paesi al mondo che può vantare un budget per lo Spazio di oltre 1 miliardo di dollari ed è il terzo contributore dell’European Space Agency, dopo Francia e Germania.

Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro[1].

Con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il settore spaziale si candida, inoltre, a rappresentare sempre più uno dei volàni di maggiore potenziale e impatto per la crescita del nostro Paese, anche se non vanno sottovalutate alcune criticità, tra cui, in particolare, quelle legate alla sicurezza.

Space economy: alcune criticità

La privatizzazione dello spazio ha aperto la strada a sciami di migliaia di satelliti, anche piccolissimi, che destano preoccupazione sia per il pericolo di impatti e sia per il rischio di creare nuovi detriti spaziali, con anche il rischio di compromettere il corretto funzionamento dei sistemi satellitari da cui dipendono numerose attività della nostra vita quotidiana.

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Tenuto conto che oggi l’infrastruttura spaziale ha più punti di accesso, vi è poi anche il rischio di attacchi informatici su reti aziendali e satelliti in orbita.

Altre criticità attengono poi alla questione del capitale, laddove vi è la necessità per le imprese di investire sempre di più su competitività e innovazione. Per mantenere e rafforzare la competitività serve infatti una costante ricerca dell’innovazione, che si può però ottenere solo attraverso il sostegno ad Università e Centri di ricerca, oltre che con azioni a supporto delle start-up, nonché promozione di investimenti aggiuntivi, pubblici e privati, che agiscano come effetto-leva per tutto il settore.

Anche per tale motivo, nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici italiani destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno ad oltre 7 miliardi di euro.

La space economy e il PNRR

Numeri importanti per un settore importante, laddove il tasso di crescita in Italia è stato del +15% rispetto agli ultimi 15 anni, con progetti implementati o in fase di sviluppo che riguardano, per la maggioranza, l’osservazione della terra (57%), la navigazione satellitare (27%) e la comunicazione satellitare (16%).

Anche il PNRR, come visto, ha una specifica sezione dedicata alle tecnologie satellitari e all’economia spaziale. In particolare, nell’ambito della Missione 1 – Componente 2Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo”, l’investimento 4.1, con una dotazione finanziaria di 1.487 milioni di euro (a cui si aggiungono 800 milioni dal Piano Nazionale Complementare), ha l’obiettivo di sviluppare connessioni satellitari in vista della transizione digitale e verde e contribuire allo sviluppo del settore spaziale.

Investire ancora di più per restare competitivi nella “guerra” della space economy

Sebbene la spesa pubblica italiana, in rapporto al Pil, sia tra le prime al mondo, per sostenere il settore c’è comunque ancora bisogno di ulteriore “spinta”, anche attraendo ulteriori investimenti esteri.

In tale direzione sarebbero senz’altro opportuni:

  • un fondo di investimento spaziale nazionale[2],
  • lo sfruttamento della leva fiscale, anche mediante agevolazioni fiscali ad hoc (tra cui, ad esempio, una revisione del sistema di tassazione sul premio assicurativo).

Servirebbe, in sostanza, un contesto di politiche statali che sostengano al meglio le imprese italiane operanti nel settore, sia attraverso un maggior supporto alle realtà già esistenti e sia tramite la promozione della nascita di nuove imprese.

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Per dare poi una strategia di ampio respiro agli investimenti pubblici e per mobilitare ulteriormente capitale privato, come detto, sarebbe inoltre opportuna anche l’istituzione di incentivi fiscali per gli investitori, quali, ad esempio, agevolazioni fiscali per startup e aziende che investono in R&D nel settore spaziale, o l’esenzione dall’imposizione fiscale sul premio assicurativo delle polizze applicabili alle attività spaziali, anche considerata l’obbligatorietà della stipula delle stesse polizze assicurative.

L’attuale evoluzione del settore spaziale può essere in definitiva paragonata a quella che in passato si è verificata nel settore delle reti telefoniche, dove, nel tempo, il valore si è spostato dall’infrastruttura alle applicazioni, che, per quanto riguarda lo spazio sono peraltro utilizzabili a 360 gradi, dall’agricoltura, al settore energetico, al settore della logistica, etc.

I servizi derivati sono ormai il vero “oro” spaziale, dal momento che la materia prima è costituita dalle migliaia di terabyte che ogni giorno arrivano dai sensori in orbita e dai satelliti di osservazione della terra.

Una nuova normativa per lo Spazio

In tale contesto, come visto, il nuovo Ddl Spazio mira senz’altro a fornire un quadro ordinamentale giuridico certo, fondamentale per lo sviluppo ordinato del settore.

Agire in sede nazionale non sarà però certo sufficiente, laddove la politica spaziale è una competenza concorrente dell’Unione europea, e laddove il contesto globale obbliga comunque l’Europa tutta a perseguire una propria autonomia strategica.

Sul fronte (economico) della new space economy invece l’Unione europea sembra aver intrapreso posizioni meno nette. Eppure, in àmbito civile l’Unione europea, anche da un punto di vista giuridico, potrebbe agire con strumenti che non necessitano neppure dell’unanimità degli Stati Membri o del Consiglio Spaziale.

L’Unione può infatti intervenire direttamente sulle infrastrutture spaziali europee tramite la Procedura Legislativa Ordinaria, ai sensi dell’art. 189 TFU.

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L’Unione europea (come già visto in tema di beni dual use) ha però anche politiche commerciali e di concorrenza molto rigide, essendo probabilmente arrivato il momento di cambiare strategia per tutelare i privati che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, come già peraltro accaduto in passato in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale.

Anche senza voler arrivare alla creazione di un nuovo piano di indebitamento comune che possa supportare questo settore, come già avvenuto per le transizioni ecologica e digitale, potrebbero quindi essere poste in campo misure a protezione della concorrenza nella new space economy, con una normativa per esempio simile al Digital Markets Act, anche tramite il supporto di un apposito Fondo industriale spaziale.

La “guerra” spaziale è già in corso, l’Italia può ritagliarsi un ruolo di primo piano

La space economy, come visto, è del resto parte importante anche delle future strategie geopolitiche internazionali, con la Cina che sta ormai contendendo agli Stati Uniti il primato in àmbito aerospaziale[3].

La futura “guerra” spaziale (in realtà già in corso) si combatterà quindi prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la NASA stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari.

Anche per questi motivi, complessivamente, negli ultimi 10 anni, sono stati investiti in 1.727 società operanti nel settore spaziale circa 264 miliardi di dollari.

Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio.

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Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni.

Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera “contemplazione” dello spazio.

Menippo, sulle orme di Icaro, volò nel cielo ed esplorare lo spazio.

Egli, però, a differenza di Icaro, non aveva un Minosse da cui fuggire, o una libertà da riconquistare, ma voleva semplicemente “elevarsi” al di sopra delle piccolezze che occupano la vita umana e trovare una spiegazione allo spettacolo del cosmo.

Ecco, dopo secoli, abbiamo ancora bisogno di elevarci e comprendere.

*Avv. Giovambattista Palumbo, Coordinatore del Laboratorio Eurispes sulle Politiche fiscali.

 

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Saldo e stralcio

 

 

[1] https://www.mise.gov.it/index.php/it/per-i-media/pubblicazioni/2041575-l-industria-italiana-dello-spazio-ieri-oggi-e-domani

[2] Il Ddl Spazio prevede l’istituzione di un Fondo per l’economia dello spazio, a carattere pluriennale. Il testo prevede, al momento, lo stanziamento di una cifra pari a 20 milioni di euro per il 2024 e 35 milioni di euro per il 2025.

[3] La Cina ha sviluppato negli ultimi anni un arsenale di capacità spaziali molto rilevante, che include armi anti-satellite, sistemi di disturbo delle comunicazioni e tecnologie per interferire con i sistemi GPS. Pechino ha inoltre stabilito il record nel lancio di satelliti e ha dimostrato capacità tecnologiche avanzate, presentando una roadmap per il suo programma di scienze spaziali che si estende fino al 2050 e rivelando progetti ambiziosi, che includono anche una missione per raccogliere campioni dell’atmosfera di Venere.



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