Sottopagati e precari, la disoccupazione nell’isola è una emergenza sociale

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Nuoro Centodiecimila famiglie sarde– pari al 15 per cento del totale – che vivono in condizioni di povertà. Gli occupati ben al di sotto della media italiana, poco specializzati e al passo con i tempi che richiedono invece competenze scientifiche e tecnologiche, anche in settori tradizionali come l’agricoltura. Le buste paga e le pensioni che – ricorda la Cgil – in media in Sardegna sono più basse che nel resto d’Italia, e nove assunzioni su dieci regolate da contratti precari.

È un quadro della Sardegna complesso e decisamente poco confortante, quello che emerge dagli ultimi dati Istat a disposizione – relativi al 2023 – presentati ieri alla conferenza regionale sul lavoro davanti all’auditorium affollatissimo della Camera di commercio nuorese. Una cornice che inquadra un’isola dove solo il 36,7 dei giovani tra i 18 e i 29 anni ha un impiego, a fronte di una media italiana del 43, dove i corsi di formazione professionale, più che rispondere alle reali necessità delle imprese, sfornano troppe estetiste e parrucchieri. E dove persino i settori un tempo pilastro dell’isola registrano numeri preoccupanti: 15mila ettari di terreni abbandonati e non produttivi. E una resistenza al cambiamento che ha radici ataviche. Eppure, nonostante le premesse tutt’altro che esaltanti, è dalla sua città natale, che la presidente della Regione, Alessandra Todde, insieme all’assessora al Lavoro, Desirè Manca, rilancia con fiducia i progetti e le linee guida per invertire la rotta. E si chiamano soprattutto: formazione professionale mirata e legata ai bisogni reali del mondo del lavoro, lotta alle disuguaglianze, spinta più decisa verso l’inclusione anche nel mondo dell’impiego, e tecnologia. Che di suo, dice la governatrice, «Non è né buona né cattiva, ma è uno strumento». Ma che può essere la chiave di sviluppo pure di settori, come quello agroalimentare, che ha necessità di adeguarsi ai tempi. E invece, ricorda la presidente, «all’interno di questo contesto assistiamo a una situazione nella quale gli ettari coltivati stanno diminuendo, invece che aumentare». Ma «oggi – aggiunge la presidente – qui da Nuoro parliamo del nuovo patto che portiamo avanti, e che deve tenere conto della forza inarrestabile della tecnologia. Quello che mi spaventa, però, è che noi siamo conservatori e il nostro tipo di economia spesso si rapporta all’esterno con molta diffidenza, mentre invece stiamo affrontando un mondo che cambia con un passo veloce e non ci chiede il permesso».

Per la governatrice, i cardini per rilanciare il lavoro nell’isola sono un nuovo patto con le imprese, chi esercita la formazione, e la Regione: «Dobbiamo costruire un nuovo patto per il lavoro e ripensare il nostro modello economico nel suo complesso, in modo strategico e integrato. Abbiamo strumenti e risorse per investire sul futuro della Sardegna, ma dobbiamo farlo con un approccio coordinato e non frammentato. Viviamo in un’epoca in cui la tecnologia avanza a un ritmo inarrestabile. Io vengo da quel mondo e so bene che la tecnologia è uno strumento, e sta a noi decidere come usarlo. Possiamo subirlo o possiamo governarlo, trasformando le innovazioni in opportunità concrete. La vera sfida è quindi rendere la Sardegna un luogo attrattivo per i giovani e per le imprese, accelerando il cambiamento e creando opportunità concrete per chi vuole costruire qui il proprio futuro».

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«La nostra isola si trova di fronte a sfide molto impegnative – ricorda l’assessora al Lavoro, Desirè Manca – .Da un lato, affrontiamo criticità strutturali: la disoccupazione, la precarietà lavorativa e il fenomeno dell’emigrazione giovanile, che svuota i nostri paesi e priva il territorio delle sue menti più brillanti. Dall’altro, viviamo un’epoca di trasformazioni globali, con la transizione ecologica e digitale che richiede competenze nuove e un sistema formativo capace di anticipare le esigenze del mercato del lavoro». E le difficoltà a trovare lavoro o a trovare lavoro stabile e duraturo, aggiunge l’assessora, in Sardegna «hanno un riflesso evidente anche in termini di povertà. La povertà in Sardegna non è solo un problema economico, ma ha ripercussioni profonde sulla coesione sociale, sulla salute e sul benessere».«È quindi fondamentale – ha aggiunto – che in questo contesto le istituzioni facciano la loro parte. Per il mio assessorato significa promuovere politiche e assicurare misure capaci di far leva su nuove opportunità di formazione, istruzione e lavoro». E la formazione «è la chiave per affrontare le sfide future. Occorre riformare profondamente il sistema della formazione professionale, puntando sulla qualità dell’offerta e dell’insegnamento che devono risultare in linea con le esigenze del mercato del lavoro e con le attitudini e le aspirazioni individuali. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alle competenze digitali, fondamentali per cogliere le opportunità della transizione tecnologica ed ecologica, ma anche preservare e promuovere la cultura, che è anche insita nella tradizioni dei lavori artigiani e del saper fare e che rischia di soccombere nel frullatore delle facilitazioni social o digitali».



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