Pesaro e Urbino, Capitale 2033 questo matrimonio s’ha da fare

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Qua la mano: e fate voi chi tra Andrea Biancani, sindaco di Pesaro, e Maurizio Gambini, pari grado di Urbino, sia più Adriano Celentano o Enrico Montesano, nel fortuito accostamento con l’omologo film di Pasquale Festa Campanile (per i cinefili, anno domini 1980). Sta di fatto che è plastica e rassicurante l’immagine della stretta di mano che i due primi cittadini si sono premuniti di diffondere all’indomani del “patto per la Capitale”, o meglio della ripartenza di un tragitto condiviso che porti capoluogo (Pesaro) e co-capoluogo (Urbino) a fondersi della stessa sostanza di cui sono fatti i progetti (e i sogni) per la Capitale europea 2033. Che sia poi un patto d’acciaio o di Pirro saranno i posteri, anzi la politica a dirlo. Nel frattempo si torna punto a capo come al Monopoli, o al Gioco dell’Oca. La prima mossa è stata quella di azzerare il vecchio protocollo, rimasto solo su carta, siglato 5 anni fa, nel gennaio 2020 a conclusioni delle celebrazioni per Matera Capitale. Era pre Covid e in pieno Ricci II. Nel frattempo sono cambiate di colore la Regione e il Governo. È cambiato anche il sindaco di Pesaro (il colore è rimasto) ma va detto che in questi mesi tra Biancani e Gambini si è annusato un certo feeling o, per restare nel mood, un sentiment comune: hanno un atteggiamento concreto nell’approcciarsi alle questioni amministrative, spesso attorcigliate. Un pragmatismo che di recente, per esempio, li ha portati ad avere posizioni simili sul caso rifiuti che aveva reso particolarmente avvelenato il Natale in casa Pd. Affinità elettive che potrebbero aprire una proficua linea di credito quando si tratterà di mettersi attorno al classico tavolo e stilare il nuovo protocollo per il percorso della Capitale 2033, al momento solo annunciato ma non firmato. Facile, facile? Mumble, mumble. La strada da percorrere è erta e piena di insidie. Ne riassumo due: una interna, l’altra esterna. La prima: superare i campanili. La provincia di Pesaro è un triangolo (a piacer vostro se sia isoscele piuttosto che scaleno) con ai vertici Pesaro, Urbino e Fano, e ogni centro prova a rivaleggiare sull’altro con un sottofondo da comari e di tirate di giacchetta. Tralasciando per l’occasione Fano (chiedo venia) e concentrandoci su capoluogo e co-capoluogo, da sempre Pesaro rumina sull’Urbino permeata dall’aurea altera di chi sente pronipote di Federico da Montefeltro quando il Ducato è già storia remota e archiviata da un pezzo. Urbino da par suo risponde con il sottile disprezzo che si riserva alla costa arricchita senza avere un’oncia di nobiltà (ma i bei tempi dei cucinieri soffrono della stessa nostalgia delle rinascimentali rimembranze). E invece per la Capitale 2033 si dovrà andare d’amore e d’accordo soprattutto per la presentazione di progetti all’altezza della sfida. Ricordo, sommessamente, che Urbino, in solitaria, ci aveva già provato per il 2019, l’anno di Matera, ma non entrò nemmeno nella rosa. La seconda è più complicata per gli intrecci politici (filiere, rapporti, posizionamenti, fughe in avanti) che comporta: il progetto della candidatura della Civitas Appenninica dell’ex governatore Gian Mario Spacca, fondatore del partito di centro Base Popolare Marche e ritenuto potenziale ago della bilancia alle elezioni regionali, che ha innescato a dicembre vivaci battibecchi rilanciando la notizia che anche Urbino voleva essere della partita e con il sindaco Gambini a rincorrere, precisando che, sì, la proposta per sostenere la candidatura di Civitas Appenninica era arrivata, ma non era stata ancora accettata, «di ufficiale non c’è nulla». Il tutto mentre Matteo Ricci, il papabile competitor di Acquaroli per il centrosinistra, alzava l’asticella ancora più in alto: «Tutto il territorio delle Marche Capitale 2033 con Pesaro e Urbino capofila». Adesso, sfoltite le polemiche e ripuliti gli annunci, si riparte dall’essenziale: «Gettiamo basi nuove per la possibile candidatura» hanno rimarcato Biancani e Gambini. Al centro, visione territoriale e infrastrutture stradali innovative. Buon lavoro e buon percorso. Ma prima una sommessa preghiera: cari, carissimi sindaci visto che andrete a sottoscrivere un protocollo tutto nuovo, non è che trovate, un altro brand alternativo a quel “Coltiva la Capitale” che mi sa tanto di agricoltura idroponica? Che se fosse stato ancora in circolazione la buonanima di “Cuore” io mi ero già fatta il film. Titolo: “Coltiva la Capitale”, catenaccio: “Braccia rubate all’agricoltura” che poi viene un po’ anche in automatico a vedere i primi totem già piazzati nei praticelli di Pesaro. Suvvia, facciamo ancora in tempo. Che so, “Germoglia la Capitale”, “Fiorisci la Capitale”, “Ducale & Capitale”. Forse ne ho uno buono: il sanremese “Pensati Capitale”. Anzi no, che ai Ferragnez (ex) non ha portato bene. Pardon.

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*Capo della redazione di Pesaro del Corriere Adriatico





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