Attacco alla trasparenza sulla vendita di armi
Oggi in Parlamento si discutono le modifiche alla legge italiana che regola l’export di armamenti
La legge 185/90 che regola l’export nella vendita di armamenti giunge oggi 11 febbraio in votazione a Montecitorio per la sua modifica. Questa legge seppur avesse nel tempo manifestato alcune lacune, ha garantito finora trasparenza (pubblicazione annuale dei finanziatori privati del mercato delle armi, tra i più banche, compagnie di assicurazione ed istituti finanziari) e responsabilità (divieto assoluto di vendita di armi a paesi belligeranti).
Da oggi tutto ciò può decadere con un’unica certezza, vendita senza tracciabilità e nessuna informazione relativa a chi finanzia questa economia di morte.
«Le modifiche in discussione mirano infatti a ridurre i meccanismi di trasparenza – scrivono molte associazioni che stanno protestando contro le modifiche – delegando sempre più potere decisionale all’esecutivo e sottraendo al Parlamento il ruolo di controllo. Questo rischia di trasformare l’Italia in un esportatore di armi senza vincoli etici, facilitando affari con paesi coinvolti in conflitti armati, come già avvenuto con la vendita di sistemi militari a nazioni responsabili di bombardamenti indiscriminati su civili».
La Rete Italiana Pace a Disarmo cui aderisce anche la Glam, la Commissione Globalizzazione e Ambiente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ha lanciato la campagna Basta favore ai mercanti di armi invitando ad aderire alla petizione e a diffonderla. «Il cammino verso la pace è continuamente ostacolato da leggi come quella che si vorrebbe approvare – dichiara la Glam – garante di un’ economia di guerra e verso la quale come credenti avvisiamo repulsione, perché la crescita industriale di un paese non possa mai contare su vite spezzate da guerre e conflitti».
Le richieste del coordinamento «si possono realizzare concretamente approvando gli emendamenti al DDL illustrati e proposti già dall’inizio dell’iter parlamentare del DDL governativo di modifica:
Fare in modo che la reintroduzione del Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD), utile luogo di presa di responsabilità da parte della politica sulle questioni riguardanti l’export di armi, non si trasformi in un “via libera” preventivo a qualsiasi vendita di armi ma sia sempre bilanciato dall’analisi tecnica e informata degli uffici preposti presso la Presidenza del Consiglio, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il Ministero della Difesa.
Inserire nella norma nazionale un richiamo esplicito al Trattato sul commercio delle armi (Arms Trade Treaty) – che non era presente nel testo originario della Legge 185/90 in quanto entrato in vigore solo nel 2014 – e ai suoi principi e criteri decisionali che hanno precedenza sulle leggi nazionali, con forza normativa maggiore di natura internazionale.
Migliorare la trasparenza complessiva sull’export di armi rendendo più completi e leggibili i dati della Relazione al Parlamento, in particolare contenendo indicazioni analitiche per tipi, quantità, valori monetari e Paesi destinatari delle armi autorizzate con esplicitazione del numero della Autorizzazione MAE (Maeci), gli stati di avanzamento annuali sulle esportazioni, importazioni e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi oggetto dei controlli e delle autorizzazioni previste dalla legge.
Impedire la cancellazione integrale della parte della Relazione annuale al Parlamento che riporta i dettagli dell’interazione tra banche e aziende militari.
Impedire l’eliminazione dell’Ufficio di coordinamento della produzione di materiali di armamento presso la Presidenza del Consiglio, unico che potrebbe avanzare pareri, informazioni e proposte per la riconversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa.
Reintrodurre la possibilità per il CISD di ricevere informazioni sul rispetto dei diritti umani anche da parte delle organizzazioni riconosciute dall’ONU e dall’Unione Europea e da parte delle organizzazioni non governative riconosciute.
È possibile firmare la petizione a questo link.
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