L’Aja apre il fascicolo preliminare sull’Italia per il caso Elmasry

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«La questione della mancata osservanza da parte di uno Stato di una richiesta di cooperazione per l’arresto e la consegna da parte della Corte è di competenza della camera competente, vale a dire la Camera preliminare. Come parte di questa procedura, ai sensi del Regolamento 109 (3), l’Italia avrà l’opportunità di presentare osservazioni». La precisazione di Fadi El Abdallah, portavoce della Corte dell’Aja, ha il carattere neutro delle comunicazioni tecniche. Ma dietro l’apparente tono asettico si nasconde l’ennesima replica di fioretto della Cpi alle sciabolate del governo italiano.

Anche se la presidente del Consiglio si rifiuta di rispondere in Parlamento, il caso Elmasry è tutt’altro che chiuso: rimpatriare con volo di Stato un presunto torturatore, ignorando bellamente un mandato di cattura spiccato dalla Corte, merita approfondimenti. Il regolamento 109, infatti, citato da Fadi El Abdallah, riguarda proprio i casi di mancata collaborazione da parte di uno Stato parte. E il paragrafo 3 prevede che la Camera competente, la Pre-Trial Chamber I, possa chiedere spiegazioni al Paese inadempiente.

Il fascicolo è appena stato aperto e al momento è impossibile prevederne gli esiti che – recita l’articolo 87, comma 7 dello Statuto di Roma – potrebbero arrivare a «investire del caso l’Assemblea degli Stati parti o il Consiglio di sicurezza» dell’Onu. Perché è proprio su mandato del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che la Corte ha giurisdizione sulla Libia. Un motivo in più, forse, per far dire a Matteo Salvini, fresco dell’incontro con Benjamin Netanyahu: «Ho confermato le mie perplessità rispetto alle recenti e indecenti decisioni della Corte penale internazionale, organismo la cui esistenza e utilità dovranno essere rimessi in discussione».

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NONOSTANTE SALVINI, in ogni caso, alla Cpi non pendono casi su qualche «funzionario italiano», ha spiegato il portavoce dell’Aja, spazzando via il campo da possibili azioni intraprese dai magistrati in seguito alla denuncia depositata la settimana scorsa da un cittadino sudanese contro Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi per la liberazione di un presunto boia ricercato a livello internazionale. L’esposto, che aveva fatto infuriare Antonio Tajani al punto da chiedere di indagare sulla Cpi, non c’entra dunque nulla: «Su questa questione separata, l’ufficio del procuratore ha indicato che qualsiasi individuo o gruppo da qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni».

L’APERTURA del fascicolo è dunque «un atto dovuto perché l’Italia non ha consegnato il sospettato nonostante fosse stata chiesta la cooperazione», dice Micaela Frulli, docente di Diritto internazionale all’università di Firenze. «Il primo passo è una richiesta di chiarimenti, se poi non si riterranno soddisfacenti potrebbe scattare un procedimento per mancata cooperazione, come già avvenuto nei confronti di altri Stati». I precedenti esistono: «L’ultimo caso riguarda la Mongolia che non ha arrestato Putin lo scorso anno, Ma almeno Ulan Bator poteva invocare l’immunità di un capo di Stato in carica, qui invece parliamo di un presunto torturatore senza immunità».

Il fascicolo all’Aja – la riproposizione in chiave internazionale dello scontro con le toghe – è però solo uno dei fronti del governo Meloni sul caso Elmasry. Oggi, infatti, la questione italiana approderà anche al Parlamento europeo. «Protezione del sistema di giustizia internazionale e delle sue istituzioni, in particolare la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia» è il titolo del dibattito della Plenaria, inserito all’ordine del giorno dal gruppo dei Socialisti e democratici. Inizialmente le opposizioni italiane accasate tra i banchi di The Left (Si e M5S) avevano chiesto di inserire il caso Elmasry nel titolo del dibattito, poi sfumato in una formula più generica su insistenza del Pd.

POCO MALE per il fronte delle opposizioni che comunque promettono battaglia. Secondo quanto riferisce l’agenzia LaPresse, la co-presidente del gruppo The Left, Manon Aubry, avrebbe chiesto alla presidente dell’Eurocamera Roberta Metsola di mettere ai voti una risoluzione sulla Corte penale internazionale e Elmasry, ma Metsola avrebbe rifiutato. Per il governo italiano sarà comunque l’ennesima giornata di passione, sotto i riflettori di tutta l’Europa.



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