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Si sono da pochi giorni completate le operazioni di scrutinio telematico per il rinnovo del Comitato direttivo centrale dell’ANM.

Sono andati a votare quasi 7.000 magistrati degli 8.400 accreditati, pari all’81.57% degli aventi diritto a voto.

In un’epoca storica di grandi cambiamenti e di continue evoluzioni delle aggregazioni socio-politiche e culturali, soltanto in magistratura il nuovo che avanza è sempre lo stesso.

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L’Associazione Nazionale dei Magistrati rimane la casa delle correnti.

Tutti i tradizionali gruppi hanno incrementato il numero di voti ricevuti.

Magistratura Indipendente, gruppo conservatore, ha ricevuto il maggior numero di preferenze.

Le due correnti della sinistra – i gruppi progressisti Area Democratica per la Giustizia e Magistratura Democratica– hanno raccolto quasi 3.000 voti.

Unità per la Costituzione ha incrementato di oltre 340 preferenze il suo congruo bacino elettorale (giungendo a 1.560 voti).

A perdere è stata solo l’opposizione di ArticoloCentouno, la lista che nel 2020 aveva ottenuto circa il 10% dei voti e che nel corso del successivo quadriennio era rimasta fuori dal governo correntizio unitario dell’ANM.

Dunque, chi ha promosso una nuova idea del c.d. autogoverno, che è poi quella propria del disegno costituzionale che sottrae la giurisdizione alla direzione politico-partitica, anche degli stessi magistrati, e ha tentato di contrastare le degenerazioni del correntismo ha perso circa la metà del consenso registrato nella precedente occasione ed è il solo sconfitto delle elezioni dello scorso gennaio.

Come può spiegarsi un fenomeno del genere?

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Avranno meritato le correnti o avranno demeritato i rappresentanti alternativi alle correnti tradizionali?

Lo capiremo nei prossimi mesi. Io mi limito ad alcune brevi considerazioni a caldo.

Il comitato direttivo centrale dell’ANM appena rinnovato era quello che avrebbe dovuto dare una risposta credibile e forte allo scandalo denudato dalle note vicende dell’hotel Champagne e delle nomine pilotate per gli uffici giudiziari.

La “modestia etica” emergente dalla vicenda dei traccheggi e delle raccomandazioni dentro il CSM è stata invece sepolta e insabbiata come acqua fresca, sia dai gruppi, sia dal Comitato Direttivo Centrale, sia dalla giustizia disciplinare.

Nessuna concreta autoriforma è stata suggerita da alcuna delle correnti corresponsabili del Sistema innescato e vivente dentro la magistratura associata e istituzionale.

All’interno di una Giunta pseudo-unitaria, dove si assisteva a continui reciproci attacchi tra i gruppi antitetici di Area e di Magistratura Indipendente, il Sistema si è autoprotetto e conservato, dando grande prova di corporativismo.

Sono stati anni di grande disillusione da parte dei giovani e meno giovani magistrati, che hanno abbandonato mailing list e dibattiti interni, quasi rassegnati dall’indolenza dei gruppi e sfiancati dalla continua serie di riforme ordinamentali della Ministra Cartabia, che ha sempre più burocratizzato il lavoro inquirente e giudicante (sia civile che penale).

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È rimasto narcotizzato il mondo giudiziario anche dalla riforma della legge elettorale che ha consentito un bipolarismo accentuato dentro il CSM, esaltando il partitismo giudiziario e “anodinizzando” la pur lodevole azione indipendente del primo componente del CSM candidato non per designazione correntizia ma per sorteggio.

Le proteste contro le riforme del processo penale sono state languide, tardive e poco partecipate, come dimostra la scarsa partecipazione all’astensione dalle udienze proclamata in occasione di uno dei vari passaggi riformatori, inferiore al 50%.

Eppure, i segnali di critica interna erano stati fortissimi, come il referendum associativo che aveva decretato il primo sdoganamento del sorteggio, quando oltre il 42% dei votanti si espressero a favore di tale modalità per la selezione dei candidati al CSM.

Poi, d’improvviso, pochi mesi prima del rinnovo del parlamentino ANM, un d.d.l. costituzionale di iniziativa governativa, partorito verosimilmente con il contributo di tanti magistrati distaccati presso i Ministeri, mette nelle mani delle correnti l’arma micidiale del pericolo esterno.

Separazione delle carriere, un sorteggio secco per scegliere la componente togata del CSM e temperato per quella politica, un nuovo organismo disciplinare per i soli magistrati ordinari, danno la stura alla più grande operazione di propaganda interna degli ultimi anni.

Il male non è o, se vi fosse mai stato, non è più dentro di noi, tra di noi, ma è fuori, è nei Palazzi della Politica. E vuole aggredire l’autonomia e l’indipendenza esterna della magistratura.

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Si rinnovano e si rafforzano gli appelli all’unità associativa e alla necessità di compattarsi.

La falange oplitica si arma per combattere contro il nemico Legislatore, che cerca di scardinare e indebolire l’ordine giudiziario con le mine della separazione delle carriere, del sorteggio dei componenti del CSM e dell’alta corte disciplinare.

Nel frattempo, veementi attacchi a provvedimenti di singoli magistrati, ritenuti politicizzati in funzione antigovernativa, se non partecipi di veri e propri complotti contro il Governo voluto dal popolo, acuiscono le paure di ritorsioni e di vendette e fanno alzare lo “scontro” Politica-Giustizia, nel silenzio del Quirinale.

E così, paradossalmente, più la politica ha accusato i magistrati di essere toghe rosse e collaterali, più quel gruppo che, nell’immaginario collettivo, maggiormente incarna questa ideologia, ha visto crescere il consenso interno, anche tra i più giovani, diventando la forza che più di tutte, in termini percentuali e di componenti eletti, ha registrato un incremento nelle ultime elezioni associative.

Alla fine, hanno vinto tutte le correnti; ha perso soltanto il senso dell’autocritica e dell’apertura a un associazionismo autentico e a un autogoverno libero dai condizionamenti partitici.

Ha prevalso il conformismo associativo; è il trionfo della Restaurazione dello status quo, già da tempo avviata nel circuito giudiziario.

Il d.d.l. costituzionale è diventato la panacea e lo strumento migliore per vincere il momento di crisi e distrarre la massa dalle logore e stantie battaglie contro le degenerazioni interne.

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E così, la riforma che avrebbe dovuto ridimensionare il potere dei partiti togati finisce col rafforzare proprio quei gruppi che dentro la magistratura fanno politica come i partiti dentro il Parlamento.

Sembra un paradosso, ma è ciò a cui stiamo assistendo.

E riguarda anche le nuove leve dei magistrati.

La tempesta perfetta che sembra essersi abbattuta sui magistrati diventa l’arcobaleno che rinsalda e rilancia la correntocrazia, ritenuta baluardo irrinunciabile contro la “riforma finale” della magistratura voluta dal Governo.

Il voto è democratico e si rispetta, specialmente quando dalla competizione si esce sconfitti.

Ma davvero si resta sempre più sbigottiti e afasici davanti alle tante ipocrisie e contraddizioni che connotano il mondo dell’associazionismo giudiziario.

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Andrea Reale

Giudice penale, componente del Comitato direttivo centrale ANM



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