Poca neve e l’uso dei cannoni è già costato più di 6 milioni solo in Trentino: “Non siamo preoccupati per chiusure anticipate”. L’industria delle neve regge: “Soddisfatti”

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TRENTO. I numeri sembrano tornare ma l’inverno in corso si rivela complesso. Non c’è stato il ponte dell’Immacolata (ridotto a un week end di meteo abbastanza incerto) e l’avvio non è stato scattante, poi il recupero deciso tra Natale e l’Epifania, poi un nuovo rallentamento, anche per diversi giorni caratterizzati dal maltempo. C’è stata la neve ma non abbondantemente come ci si potrebbe aspettare da queste ultime giornate, in particolare, ma la stagione non dovrebbe rischiare chiusure anticipate. Il ricorso all’innevamento programmato è inevitabile e un’ancora di salvataggio. A costi non indifferenti, tuttavia un investimento che permette di far girare il motore dell’industria delle neve e trascinare tutto il comparto.

 

“Naturalmente la situazione varia da destinazione a destinazione ma in generale si può dire che è sceso qualche centimetro di neve, spesso però è anche piovuto”, dice Valeria Ghezzi, presidente di Anef e di Funivie Seggiovie San Martino. “Fortunatamente l’acqua non ha comportato troppi danni e le piste sono in ottime condizioni. Inoltre le giornate di maltempo si traducono in un afflusso minore e quindi sono stati più gli aspetti negativi di quelli positivi di queste perturbazioni”.

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Il ricorso all’innevamento artificiale è stato intenso, il 90% dei tracciati sulle Dolomiti è coperto dai cannoni. Un metro cubo di neve si aggira tra i 3 e i 5 euro, 3,5 kwh di energia e tra i 2 e 50 metri cubi di acqua all’ora. Non solo per ricercare il massimo della qualità delle piste ma anche per garantire la sicurezza. “L’inizio di stagione è stato caratterizzato da pochissima neve – spiega Ghezzi – livelli inferiori all’anno scorso”.

 

I costi? “Le esigenze variano dalla pista, dal fondo, dall’esposizione, dalla quota e così via, ma una stima a oggi può essere tra i 6 e gli 8 milioni di euro”. E in queste ultime settimane l’energia “è tornata a salire”, evidenzia la presidente di Anef. “E’ ripartita la salita dei prezzi dopo una fase abbastanza stabile”.

 

Una cifra analoga si può stimare per l’Alto Adige, quasi 2 milioni invece nel Bellunese, principalmente tra Cortina d’Ampezzo, Arabba e Alleghe. Lo scontrino a oggi fa segnare tra i 18 e 20 milioni. Il dato finale medio per il Trentino nell’arco di una stagione è tra i 15 e i 20 milioni, all inclusive di tutti i costi. Sicuramente tanto, ma un investimento, oggi, irrinunciabile per moltissime destinazioni in termini di indotto, per tutta la filiera, e che consente di parare i colpi di inverni sempre più complessi da “interpretare”. 

 

Partenze, questa stagione, in alcuni casi posticipate, più recentemente c’è stata una giornata quasi di chiusura a causa dell’allerta e delle fortissime raffiche di vento in quota, mentre in alcune zone le (deboli) nevicate si sono tramutate in nubifragi, come in Bondone. Un inverno mediamente caldo, poca neve e qualche pioggia di troppo ma le stazioni sciistiche sono piuttosto serene

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Non siamo preoccupati“, commenta Ghezzi. “Ci fosse stata un po’ più di neve sull’Italia orientale sarebbe stato meglio ma la stagione appare sicura e garantita. Il lato occidentale invece ha avuto nevicate davvero abbondanti e lì la situazione è molto positiva”. Se il mese di gennaio, superate le festività, è sempre un mese un po’ interlocutorio, questo febbraio stenta a decollare, nonostante le prospettive iniziali fossero più che rassicuranti. Conta, in parte, anche la disposizione delle festività nel calendario.

 

“La sensazione è che l’anno scorso sia andata un po’ meglio”, continua Ghezzi. “Le festività natalizie sono andate davvero molto bene, poi c’è stato un rallentamento, più riconducibili al maltempo. Comunque i numeri sono abbastanza in linea con la stagione scorsa, il dato è forse leggermente inferiore, però non ci lamentiamo: si può dire che va bene”. 

 

Il trend dell’arco alpino sembra reggere. In altalena gli Appennini. “Fa più fatica, c’è stato più caldo e più pioggia, ma è in netta ripresa rispetto agli inverni scorsi (praticamente o quasi mai partiti, ndr): c’è stato un afflusso straordinario in alcune zone, il Cimone e l’Abetone si difendono bene anche in questa fase, senza scadere negli eccessi”. 

 

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Un riferimento al caso di Roccaraso. “Un pessimo esempio. A mio avviso in quella situazione entra in gioco anche un prezzo, che non deve essere alto o elitario ma corretto per presentare un prodotto adeguato ma anche per alimentare e finanziare i servizi. La montagna è per tutti ma non può accettare tutti, soprattutto la massa”, conclude Ghezzi.





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