Israele intensifica le operazioni in Cisgiordania: oltre 40.000 sfollati

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Hamas: consegna ostaggi entro i tempi previsti se verranno rispettati i termini dell’accordo

L’offensiva silenziosa di Israele non si ferma e procede implacabile, nonostante il cessate il fuoco. È l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA) a lanciare l’allarme sulla situazione nella Cisgiordania occupata, dove lo sfollamento forzato dei palestinesi sta “aumentando a un ritmo allarmante”.
Secondo i dati diffusi dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), oltre 40.000 palestinesi sono stati costretti a fuggire dalle proprie abitazioni nelle ultime settimane a seguito delle operazioni militari di Tel Aviv. Un esodo forzato, il più massiccio dal 2023, che ha trasformato interi quartieri in zone fantasma, con famiglie rifugiate in scuole, moschee o presso parenti, in condizioni spesso precarie.
L’operazione, battezzata “Muro di Ferro” dalle Forze di Difesa Israeliane (IDF), è stata lanciata il 21 gennaio 2025, appena due giorni dopo l’entrata in vigore del fragile cessate il fuoco a Gaza. L’obiettivo dichiarato era “smantellare reti terroristiche e prevenire attacchi”, ma, di fatto, si concretizza come l’ennesima manovra imperialista e colonialista, a scapito di ulteriori fette di territorio palestinese.
L’Idf si è concentrata inizialmente su Jenin e le aree circostanti, dove sono state uccise 25 persone, secondo il Ministero della Salute palestinese. Le operazioni si sono poi estese a Tulkarm il 27 gennaio, causando 5 vittime, e successivamente a Tamoun e al campo profughi di Fara’a nella regione di Tubas.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha annunciato l’intenzione di annettere il 30% della Cisgiordania, violando il diritto internazionale.
Hamza Zubiedat, ricercatore per i diritti fondiari a Betlemme, descrive una strategia sistematica di Israele per isolare e frammentare le comunità palestinesi. Nella Valle del Giordano, area fertile e strategicamente cruciale, Tel Aviv sta costruendo muri e checkpoint attorno a villaggi palestinesi, limitando l’accesso a risorse idriche e terreni agricoli. Secondo dati dell’ONG israeliana B’Tselem, oltre 11.000 coloni risiedono in insediamenti illegali nella zona, mentre 65.000 palestinesi vedono i loro diritti negati.
Al contempo, nei campi profughi di Nur Shams, Tulkarem e Jenin, le forze israeliane conducono raid quotidiani. A Nur Shams, un assedio di quattro giorni ha portato alla demolizione di case, alla distruzione di strade e all’arresto di decine di civili. Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari (OCHA), nel 2024 sono state demolite 200 strutture palestinesi nella regione, lasciando 1.000 persone senza riparo.
In questo contesto, gruppi di coloni armati, spesso protetti dall’esercito, attaccano regolarmente villaggi palestinesi. Nel 2024, l’ONG Yesh Din ha registrato 150 attacchi di coloni, inclusi incendi di uliveti e aggressioni fisiche. A Huwara, un’ondata di violenze nel febbraio 2025 ha distrutto 30 negozi, mentre a Masafer Yatta, comunità beduine rischiano lo sfollamento forzato per far spazio a zone militari.


Hamas: consegna ostaggi entro i tempi previsti se verranno rispettati i termini dell’accordo

Nel frattempo, prosegue su un pericoloso crinale il cessate il fuoco tra Israele e Hamas.
I mediatori (Egitto e Qatar) hanno offerto garanzie che Israele rispetterà l’accordo di cessate il fuoco e inizierà veri negoziati per la seconda fase“. Lo riferiscono fonti di Hamas a Gaza – al sito del quotidiano panarabo Asharq Al-Awsat – che hanno parlato di “un’atmosfera incoraggiante”. Secondo gli interlocutori, nel caso in cui Israele “rispetterà i termini dell’accordo, il processo di consegna degli ostaggi avverrà nei tempi previsti e senza problemi”.
Il Movimento della resistenza islamica ha sospeso il rilascio di prigionieri, accusando Israele di violare l’accordo: ritardi negli aiuti, attacchi a civili e impedimenti al ritorno degli sfollati. Tel Aviv, dal canto suo, minaccia una nuova offensiva se gli ostaggi non saranno liberati entro sabato.
Nonostante il cessate il fuoco del gennaio 2025, Gaza affronta una carestia senza precedenti. L’UNICEF segnala che 2.369 bambini sono stati curati per malnutrizione acuta, con 403 casi gravi. Prima della guerra, la malnutrizione acuta era quasi inesistente. Oggi, il 90% della popolazione dipende dagli aiuti, ma solo il 70% dei camion concordati riesce a entrare. A Rafah, famiglie vivono in tende improvvisate, mentre a Gaza City, i sopravvissuti scavano tra le macerie per trovare cibo.
Secondo l’UNRWA, solo 330 camion di aiuti entrano giornalmente nella striscia, poco più della metà dei 600 promessi nell’accordo di cessate il fuoco. Inoltre, molte delle tende e dei rifugi temporanei promessi non sono ancora arrivati, lasciando migliaia di sfollati senza un riparo adeguato. “Le persone stanno dormendo per strada o in tende improvvisate, senza accesso a cibo, acqua o medicine“, ha riferito Hani Mahmoud, corrispondente di Al Jazeera da Gaza.

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