Mettiamoci in gioco: è l’arte di partecipare

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Sarà Ilaria Turba, artista della partecipazione, la protagonista dell’edizione 2025 di ‘Sconfinamenti. Arte e natura nelle terre matildiche’, progetto promosso dai comuni di Albinea, Canossa e Quattro Castella, con il contributo di Regione Emilia-Romagna, per fare rete, valorizzare la prima collina e i sentieri matildici, coinvolgendo i cittadini. Curata da Daniele De Luigi, la manifestazione – al via sabato, alle 16,30, al centro sociale di Boschi di Puianello – si concluderà in autunno con l’installazione permanente nei tre territori di tre opere sorelle, tra loro diverse, esito di processi partecipativi. Tutte le informazioni e le tappe di avvicinamento saranno pubblicate sui siti web dei tre Comuni: www.comune.albinea.re.it, www.comune.canossa.re.it, www.comune.quattro-castella.re.it.

Ilaria, quali tematiche le sono care?

“Ho lavorato a lungo sul tema del desiderio, e in particolare sul desiderio di guardare lontano di una collettività. Questa tematica racchiude molti aspetti che mi interessano. La costruzione di immaginari legati sia alla proiezione di un futuro condiviso che a un passato fatto di memorie, di esperienze, di piccola e grande storia, di rapporti tra individui e società”.

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In che cosa consiste l’essere un’artista partecipativa e, prima di prenderne coscienza e di rivolgere lo sguardo fuori da sé, come si accende la sua scintilla creativa?

“Spesso mi capita di raccontare che, come i pittori hanno per materia la tempera all’olio, gli acquarelli o altre tecniche bidimensionali, gli scultori l’argilla, il marmo, il legno o altro, nel caso di un’artista partecipativa la sua materia è il rapporto con le persone e con i luoghi che attraversa. Il processo creativo esce dall’atelier, si dissemina tra le persone negli spazi, nei luoghi, nei bar, nelle case, nelle strade. È da questo dialogo che prende vita e si sviluppa tutto”.

Qual è la sua idea di creazione condivisa?

“Creare in modo condiviso significa per me non avere mai un’idea preconfezionata di ciò che farò o di quello che succederà. È come nell’incontro tra due persone: non si può prevedere cosa avverrà, se non nel momento in cui si trovano uno di fronte all’altra e si relazionano. Arrivo nei luoghi con il mio bagaglio di esperienze, i miei saperi, le mie pratiche, e quello che succede avviene nel dialogo con le persone e le comunità che mi accolgono. Il percorso cambia ogni volta in base a tanti fattori che non possono essere controllati e questo rende il percorso creativo molto speciale, imprevedibile e vivo. Le persone sentono che la loro presenza e partecipazione nutre e modifica il percorso. Ciò che avviene è un’esperienza collettiva che nutre l’opera, che prende forma nel tempo in modo quasi organico. In molti casi prevedo alcuni momenti laboratoriali in cui fare insieme e i cui risultati entrano come segni nel lavoro finale”.

Visto il coinvolgimento frequente delle persone nel suo lavoro, quanto tempo le occorre circa fra la prima bozza di un progetto e la sua realizzazione?

“Il tempo è un elemento fondamentale… e normalmente non basta mai! Per sviluppare un progetto di questa natura ci vuole un tempo lento: di ascolto, di sedimentazione, di relazione, che è molto diverso dal tempo della nostra vita quotidiana, che è sempre iper-velocizzato, performativo e molto spesso sfinente.

De Luigi loda la sua “capacità sorprendente di innescare dinamiche sociali positive, accendendo nelle persone un desiderio di mettersi in gioco e in relazione”. Una modalità per uscire dall’individualismo che caratterizza il nostro tempo, detta in altri termini?

“Mi sento sempre di più come una sorta di custode di un tempo e di uno spazio collettivo diverso, dove avvengono cose rare, in cui le persone si sentono accolte, possono stare insieme e vivere un’esperienza un po’ unica. Il contatto con la bellezza e l’arte è nutriente, è un luogo sensibile ricco di stimoli, dove si scoprono storie, dove alcune cose che conoscevamo, o pensavamo di conoscere, si rivelano sotto una luce diversa. È uno spazio libero, non finalizzato a risultati, dove possono nascere traiettorie di pensiero. Penso che ci sia molto bisogno di vivere questo tipo di esperienze oggi, tanto fragili e delicate quanto potenti e necessarie”.

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