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Nessuno tocchi i soldi delle famiglie italiane: possono essere il motore della ripresa economica. Secondo Unimpresa la ricchezza aggregata di famiglie e imprese ha raggiunto quota 8.306 miliardi di euro, in crescita del 3,9% rispetto al 2023. Il dato aggregato rappresenta il 42% dell’intera ricchezza finanziaria italiana, che ammonta in totale a 19.613 miliardi.

«La potenza di fuoco finanziaria privata, in Italia, costituita dalle riserve e dai risparmi, di famiglie e imprese, va messa al centro della ripresa economica del Paese», sottolinea la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. «Stupisce – aggiunge – che ci siano forze politiche ancora tentate dall’azzardare forme di patrimoniale e tassazione ulteriore sui soldi degli italiani. È una follia solo pensarci».

Le riserve, i fondi e i valori mobiliari delle famiglie salgono quest’anno a 5.727 miliardi (+3,9%), mentre la ricchezza finanziaria delle imprese raggiunge i 2.579 miliardi a metà dell’anno in corso (+4%).

LA DIVISIONE
Tra i maggiori detentori di ricchezza, ci sono banche e fondi d’investimento, con una dote complessiva pari a 5.001 miliardi, in calo di 125 miliardi rispetto al 2023 (-2,4%) e di pari importo rispetto al 2019.

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Per quanto riguarda il peso della finanza estera, gli investitori stranieri detengono valori finanziari, in Italia, pari a 3.442 miliardi, con un aumento del 2,3% rispetto al 2023 e del 16,2% rispetto al 2019.

«L’aumento della ricchezza finanziaria delle famiglie è una risorsa fondamentale e rappresenta un’opportunità unica che il governo dovrebbe cogliere per mobilitare, definitivamente e con convinzione, questo capitale verso obiettivi di crescita sostenibile», sostiene Giovanna Ferrara. Sull’aumento della ricchezza finanziaria delle imprese: «non è solo un indicatore di solidità, ma anche un segnale della loro capacità di reinvestire nel tessuto produttivo».

LE RISORSE
Per massimizzare l’impatto di questa ricchezza, spiega la presidente di Unimpresa, è essenziale «sviluppare politiche mirate, come agevolazioni fiscali, incentivi all’innovazione e al credito, che consentano alle imprese di destinare maggiori risorse a nuovi progetti e alla creazione di posti di lavoro».

Intanto, avverte la Cgia di Mestre, le spese “obbligate” sostenute mensilmente dalle famiglie italiane (cibo, carburante e bollette) nel 2023 hanno toccato i 1.191 euro e corrispondono oggi al 56 per cento della spesa totale che, invece, in valore assoluto si è attestata a 2.128 euro. Un’incidenza in calo rispetto al dato del 2022 (57,1 per cento), ma decisamente superiore alle quote che registravamo prima della pandemia. Dei quasi milleduecento euro di spesa mensile obbligata, 526 euro sono riconducibili all’acquisto di beni alimentari e bevande analcoliche, 374 ai lavori di manutenzione della casa, alle bollette e alle spese condominiali e 291 se ne vanno in trasporti. Infine, analizzando la situazione per aree geografiche, emergono forti differenze di spesa tra il Nord e il Sud del Paese.

LE REGIONI
Se a Nordovest la spesa complessiva mensile nel 2023 è stata pari a 2.337 euro, nel Mezzogiorno ha toccato i 1.758 euro (-24,7 per cento). Se guardiamo solo alle spese “obbligate”, però, è il Mezzogiorno a registrare un’incidenza di queste ultime sulla spesa totale più elevata rispetto al resto dello Stivale.

Se nel Nordovest e nel Nordest la quota sul totale è del 55 per cento circa, al Sud sale al 59,4 per cento. Questo risultato è riconducibile al fatto che, in particolar modo, la spesa media per i beni alimentari del Mezzogiorno non ha eguali tra le altre ripartizioni geografiche.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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