“Perché le nostre bollette sono così alte? Si tratta di una questione che deriva da scelte fatte in passato, agli inizi del secolo, quando si è scelto di puntare molto sul gas naturale, che non abbiamo, in funzione del fatto che avevamo ottimi rapporti con i produttori come Libia, Algeria e successivamente Russia, non considerando il fatto che così sacrifichiamo l’autonomia energetica. I vari governi che si sono succeduti hanno ‘curato’ le relazioni con questi paesi a livelli che rasentavano il ridicolo. Finché la percentuale d’importazione dalla Libia oscillava tra il 15% e il 7% del fabbisogno nazionale i problemi sono stati limitati, ma quando sono scattate manovre speculative sul gas naturale e successivamente è andata in crisi la fornitura dalla Russia ecco che i prezzi sono volati alle stelle”. Sergio Ferraris, direttore della rivista Quale Energia e autore, tra l’altro, del libro Vivere felici senza gas (Terra Nuova), fa chiarezza sui veri motivi dei prezzi impossibili delle nostre bollette. E spiega chiaramente perché aumentando le rinnovabili ci costi scenderebbero.
Come si forma il prezzo dell’energia e perché non si riesce a disaccoppiare rinnovabili e fossili?
Si forma sul prezzo più caro per “proteggere” gli investimenti fatti dai produttori energetici. Il disaccoppiamento renderebbe le rinnovabili molto appetibili sul mercato in un futuro molto prossimo, quando saranno disponibili sistemi d’accumulo il cui prezzo sta scendendo molto velocemente. La realtà è che non si vuole disaccoppiare le rinnovabili dalle fossili. Cosa che sarebbe in parte possibile visto che oggi abbiamo sistemi di pompaggio idroelettrico per circa 8 GW già funzionanti e tremendamente sottoutilizzati con i quali si possono rendere continue una buona parte delle rinnovabili intermittenti esistenti. Ma facendo così si andrebbe a rendere obsoleti a livello di mercato molti impianti a gas naturale e soprattutto si sancirebbe il fatto che le rinnovabili possono essere utilizzate con continuità mentre è più comodo ostacolarle continuando a considerarle “difettose” a causa della loro intermittenza.
Se le rinnovabili aumentassero le bollette scenderebbero?
Sì. Le fonti rinnovabili combinate tra di loro, eolico e fotovoltaico, sono complementari e necessitano di accumulo per una percentuale minore di quanto ne servirebbe se le si considera da sole. Oltre a ciò potremmo incentivare la geotermia, magari con il ciclo binario che non produce emissioni in atmosfera, e il biogas, per il quale abbiamo una potenzialità di 8 miliardi di metri cubi al 2030 – il 13% del consumo di gas del 2024, consumo che è in costante calo – e che può alimentare le imprese energivore e i cicli combinati necessari all’intermittenza residua delle rinnovabili.
Dipendenti prima dalla Russia poi da Trump. L’unica sovranità energetica è quella data dalle rinnovabili? E perché i nostri “sovranisti” non capiscono?
Penso che ci sia prima di tutto un problema di “simpatie” politiche, prima verso Putin prima e ora verso Trump, e poi una questione culturale. Passare dal modello centralizzato, del gas e del nucleare, a quello distribuito, e digitale, delle rinnovabili non è semplice per chi vede solo il presente e non il futuro. Con l’energia siamo come con l’informatica cinquanta anni fa quando Kenneth Olsen, fondatore della Digital Equipment Corporation, affermò alla convention della World Future Society nel 1997: “Non c’è motivo per un privato di avere un computer in casa propria”. Abbiamo già tecnologie digitali che ci consentono di usare l’elettricità quando costa di meno, oppure di miscelare quella prodotta dal nostro impianto fotovoltaico a quella rete in base ai nostri consumi.
Cosa pensa del nucleare e perché non è una soluzione (per ora)?
Per i tempi di realizzazione, i costi e il fatto che il nucleare a fissione è incompatibile con le fonti rinnovabili. Anche se decidessimo domani, senza alcuna opposizione territoriale, d’installare dei piccoli reattori modulari (SMR) il primo kWh immesso in rete lo avremmo tra 10 anni. Ed è un calcolo ottimistico. I costi del nucleare crescono e non scendono ed è l’unica tecnologia che con il suo sviluppo ha questa dinamica di prezzi. Poi il nucleare è scarsamente modulabile e avrebbe difficoltà a compensare le rinnovabili, ma c’è anche un’altra questione. Visto il costo di realizzazione, chi investe nel nucleare ha tutto l’interesse a farlo produrre il più possibile. In Italia i cicli combinati a gas sono impiegati in media per 5.100 ore l’anno, mentre i reattori nucleari nel mondo producono per 7.095 ore l’anno. Chiaro quindi il nucleare diventa possibile, forse, solo se si fermano le rinnovabili.
In che misura le aziende hanno capito che l’unico modo per avere energia a basso costo è usare le rinnovabili?
Molte imprese lo hanno capito e da molto tempo. Nel momento in cui le rinnovabili e l’efficienza raggiungono la maturità sono applicate immediatamente. Non per nulla l’Italia ha un’intensità energetica a parità di unità di Pil migliore della Germania. Abbiamo molto da insegnare all’estero in materia di utilizzo dell’energia. Prendiamo per esempio l’industria della carta. Da anni le cartiere italiane producono sia l’elettricità, sia il calore di cui hanno bisogno con i cicli combinati con alti tassi d’efficienza. Se gli si fornisse attraverso la rete il biometano sarebbero a zero emissioni con zero investimenti aggiuntivi.
Perché l’elettrificazione dei trasporti (ma anche delle case e delle cucine) non riesce a “sfondare” in Italia?
Si tratta della volontà di tenere all’oscuro delle dinamiche energetiche i cittadini anche con delle vere e proprie fake news come quelle sugli incendi delle autovetture, oppure il fatto che con l’auto elettrica si rimane a piedi, oppure il fatto che il gas sia più economico dell’elettricità, magari anche quando si ha un impianto fotovoltaico. Non aiuta il fatto che una nota azienda italiana promovesse il superbonus con pannelli fotovoltaici e caldaia a gas, escludendo le pompe di calore che possono essere alimentate direttamente da fotovoltaico. Il motivo? Forniva il gas per la caldaia e ritirava l’elettricità che poi rivendeva sul mercato.
Cosa bisognerebbe fare in definitiva subito a suo avviso?
Liberare le rinnovabili dalla burocrazia che ne impedisce lo sviluppo, istituire linee di credito pubbliche decennali a tasso zero, come ha fatto la Germania, per l’istallazione e l’efficientamento delle abitazioni (solo prime case) e delle imprese. E comunicare una volta per tutte con chiarezza ai cittadini l’energia cosa è e come funziona. Questa secondo me è la cosa più difficile, perché i produttori e distributori d’energia non hanno grandi interessi a una trasparenza di fondo in quanto l’aumento della consapevolezza energetica riduce i consumi e quindi il fatturato. E le due principali aziende energetiche italiane sono partecipate dallo Stato.
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