BELLUNO. Una grave infezione intestinale con problemi ematologici e renali, un caso di tossinfezione da ShigaToxin-producing Escherichia Coli (Stec) complicata da Sindrome Emolitico Uremica (Seu) con immediato ricovero in ospedale. Le indagini epidemiologiche sulla fonte di infezione hanno evidenziato una possibile correlazione con il consumo da parte della bambina di un “formaggio saporito di montagna” prodotto da un caseificio trentino della Val di Fiemme del Caseificio Sociale di Predazzo e Moena. E così è stato. Le analisi microbiologiche condotte dal Laboratorio dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno evidenziato la positività per Stec di un campione conoscitivo del formaggio sopracitato, portando al ritiro e richiamo del prodotto su tutto il territorio nazionale.
La scorsa settimana l’ospedale di Bolzano ha segnalato al Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss Dolomiti un caso di tossinfezione da ShigaToxin-producing Escherichia Coli (STEC) complicata da Sindrome Emolitico Uremica (SEU) a carico di una bambina di un anno residente a Cortina d’Ampezzo. L’Ulss Dolomiti spiega che ”si tratta di una infezione intestinale di origine generalmente alimentare, che talora, come nel caso indicato, si complica con impegno ematologico e renale.
La bambina in un primo tempo era stata valutata presso l’ospedale di San Candido, da lì trasferita all’ospedale di Brunico e successivamente, per l’evidente impegno clinico, all’ospedale di Bolzano, ove è stata posta la diagnosi di infezione da Stec, segnalata, come detto, al Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss di residenza. Il progressivo aggravamento delle condizioni cliniche ha indotto i sanitari dell’ospedale di Bolzano a “centralizzare” la piccola paziente all’Azienda Ospedaliera di Padova, per affidarla alle cure degli specialisti in nefrologia pediatrica. Il decorso clinico è poi evoluto positivamente e la bambina è stata ieri dimessa con rientro a domicilio.
Le indagini epidemiologiche sulla fonte di infezione hanno evidenziato una possibile correlazione con il consumo da parte della bambina di un “formaggio saporito di montagna” prodotto da un caseificio trentino. Il Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale dell’Ulss Dolomiti ha attivato i Servizi Veterinari dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Trento, conducendo ampi approfondimenti sull’alimento sospetto. Le analisi microbiologiche condotte dal Laboratorio dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie hanno evidenziato la positività per Stec di un campione conoscitivo del formaggio sopracitato, portando al ritiro e richiamo del prodotto su tutto il territorio nazionale.
Questa tipologia di formaggio viene prodotta a partire da latte crudo (non pastorizzato), con possibile persistenza di residui di microrganismi patogeni nell’alimento. Nel caso degli STEC, questa persistenza è generalmente non pericolosa per consumatori in età adulta, mentre richiede particolare cautela in relazione ai consumatori in età prescolare.
L’Ulss1 Dolomiti dà, quindi, una serie di consigli da seguire con la consapevolezza che ai neonati i formaggi a latte crudo non vanno dati e sono sconsigliati fino all’età scolare.
Per “latte crudo” si intende un latte che non ha subito trattamenti termici con temperature superiori ai 40°C, come la bollitura, la pastorizzazione o la sterilizzazione. Tali prodotti ottengono il favore dei consumatori in quanto percepiti come “più naturali” e sono ritenuti possedere caratteristiche nutrizionali e organolettiche preferibili. È però importante che vi sia consapevolezza dei rischi sanitari che questi alimenti possono comportare, soprattutto per le persone fragili (bambini, specie se in età prescolare, anziani, donne in gravidanza, malati debilitati o con depressione del sistema immunitario).
La bollitura o la pastorizzazione del latte consentono infatti di controllare eventuali microorganismi patogeni che per diversi motivi si possono trovare nel latte al termine del processo di mungitura degli animali; anche una stagionatura dei formaggi prolungata può contribuire a limitarne la vitalità e quindi la pericolosità.
Tra i microorganismi che più frequentemente determinano episodi di tossinfezione alimentare associati al consumo di prodotti lattiero-caseari freschi a base di latte crudo si annoverano Listeria monocytogenes, Campylobacter termofili, Salmonella spp., stafilococchi coagulasi positivi, ceppi di Escherichia coli produttori di Shiga tossine (STEC); particolarmente temibili risultano questi ultimi, che nei pazienti più giovani possono talora determinare gravi forme di sindrome emolitico-uremica (SEU), con esiti anche infausti.
Per ridurre tali rischi ad un livello accettabile, è necessaria l’adozione di alcune semplici strategie:
– ridurre il più possibile i tempi di conservazione domestica del latte crudo, che deve essere inteso per un consumo pressoché immediato
– consumare il latte crudo (indipendentemente dalle modalità di acquisto) esclusivamente previa bollitura, come peraltro chiaramente esplicitato sui distributori automatici presenti sul territorio
– evitare il consumo di latte crudo non bollito o di prodotti lattierocaseari a base di latte crudo non adeguatamente stagionati da parte di bambini in età prescolare, donne in gravidanza, anziani e persone immunodepresse
– il consumo di prodotti lattierocaseari a base di latte crudo ma a lunga stagionatura, come nel caso di prodotti a marchio di qualità la cui lavorazione è tutelata da specifici disciplinari, può essere ritenuto sicuro
– il latte pastorizzato o soggetto a trattamento UHT e i prodotti da essi derivati sono indicati per tutte le tipologie di consumatori (eccetto gli intolleranti al lattosio)
È importante ricordare che la pastorizzazione non altera in modo significativo il valore nutrizionale del latte, garantendo un alimento non solo più sicuro ma anche altrettanto buono e genuino rispetto al latte crudo. Le temperature di pastorizzazione del latte possono determinarne una lieve riduzione del contenuto vitaminico; si tratta, tuttavia, di una perdita molto contenuta e, in un’ottica rischio/beneficio, di gran lunga inferiore rispetto al rischio di incorrere in infezioni, anche gravi.
Il sapore e la genuinità sono caratteristiche percepite in modo soggettivo; esse dipendono, in larga misura, anche dal tipo di alimentazione degli animali in lattazione e dalle condizioni igieniche e di salubrità con le quali il latte viene munto, raccolto, trattato, distribuito ed eventualmente trasformato.
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