la svolta laicista del governo Tusk

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Ci si poteva aspettare uno scontro tra il governo e la Chiesa in Polonia quando il 13 dicembre 2023, formando il nuovo governo, il primo ministro Donald Tusk ho affidato il ministero dell’Istruzione Nazionale a Barbara Nowacka, un’atea, una femminista combattente per il “diritto” all’aborto, in passato promotrice del progetto della legge sulla laicità dello Stato che mirava, fra l’altro, ad abolire il finanziamento pubblico dell’insegnamento religioso, perché «privo di basi scientifiche». Non ci si può meravigliare che dall’inizio del suo mandato, la Nowacka si è dedicata alla realizzazione di due progetti: l’emarginazione dell’ora di religione nella scuola e l’introduzione della cosiddetta educazione alla salute (che comprende anche la sessualizzazione precoce dei giovani e l’ideologia gender) come nuova materia obbligatoria.

Per realizzare i suoi progetti ideologici la Nowacka, con l’arroganza di tanti politici “progressisti”, non prende in considerazione né la Costituzione, né le sentenze della Corte Costituzionale ma neanche il Concordato che la Repubblica della Polonia ha firmato con la Santa Sede. Allora non bisogna meravigliarsi che queste mosse ideologiche del ministro abbiano suscitato le reazioni non soltanto dei genitori ma anche dell’Episcopato Polacco e delle altre Chiese.

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L’evolversi di questa incresciosa situazione viene evidentemente osservato anche in Vaticano come lo mostra un articolo apparso il 15 febbraio sul quotidiano L’Osservatore Romano con il titolo significativo: “L’insegnamento della religione nelle scuole: la crisi nelle relazioni Stato-Chiesa in Polonia”; il suo autore, Piotr Stanisz, è professore ordinario nella Cattedra di diritto ecclesiastico presso l’Istituto di Scienze Giuridiche, Facoltà di Diritto, Diritto Canonico e Amministrazione dell’Università Cattolica Giovanni Paolo II di Lublino in Polonia.

All’inizio del suo articolo il professore ricorda che, dopo il periodo comunista, le lezioni di religione tornarono nelle scuole polacche nel 1990. “Per molti, questo ritorno fu un elemento necessario del processo di democratizzazione e normalizzazione non solo nei rapporti fra Stato e Chiesa, ma nella vita pubblica in genere” – scrive Stanisz. La presenza dell’insegnamento di religione nelle scuole pubbliche fu “codificata” tramite delle leggi statali come viene spiegato dettagliatamente dal professore: “Nel 1991 la legge sul sistema di educazione previde per le scuole l’obbligo di organizzare l’insegnamento religioso su richiesta dei genitori o degli alunni stessi, autorizzando il Ministro dell’Educazione a emanare, ‘d’intesa con le autorità della Chiesa Cattolica, della Chiesa Ortodossa Autocefala Polacca e delle altre chiese e confessioni religiose’, un decreto recante le norme di carattere organizzativo (intese però in modo molto ampio). Il decreto ministeriale del 1992, con poche e non essenziali modifiche, assicurava le opportune condizioni dell’istruzione religiosa (non solo cattolica) nelle scuole polacche per più di trent’anni. Nel frattempo la Costituzione del 1997 ha espressamente previsto la possibilità di insegnare la religione nelle scuole (chiudendo così le discussioni sulla conformità dell’insegnamento scolastico della religione con il principio della separazione fra lo Stato e la Chiesa), e nel Concordato del 1993 (ratificato nel 1998) la Repubblica di Polonia ha garantito che l’insegnamento della religione cattolica fosse assicurato in conformità alla volontà degli interessati”.

Ovviamente, la presenza dell’ora di religione nei programmi scolastici e, in conseguenza, il finanziamento degli insegnanti di religione con fondi pubblici non è piaciuta a tutti: da anni gli ex comunisti e i nuovi pseudo liberali, uniti dai sentimenti antireligiosi e particolarmente anticattolici, si oppongono all’insegnamento della religione nelle scuole. Il prof. Stanisz ricorda che “solo nei primi anni dopo la decisione di reintrodurre l’educazione religiosa nelle scuole, per due volte la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi in diverse questioni attinenti a questo insegnamento.  Anche gli organi di Strasburgo hanno esaminato le cause polacche attinenti (in modo più o meno espresso) alle modalità di impartire questo insegnamento per ben tre volte. Nessuna di queste pronunce ha minato la presenza dell’educazione religiosa nelle scuole polacche (…) tutto l’impianto argomentativo sembrava duraturo e stabile”.





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