Nuovo Giornale Nazionale – L’ARMATA SENZA ARMI DELL’EUROPA CHIACCHIERONA

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Un esercito europeo, tornato di moda in questi giorni, è, allo stato attuale, un’armata senza armi.

Per capire, al di là delle buffonate mediatiche, di cosa stiamo parlando, è utile leggere quanto scrive l’Istituto Kiel per l’Economia Mondiale, situato a Kiel, Germania.

Kiel institute for the world economy è un importante istituto di ricerca economica indipendente e think tank, fondato nel 1914 e riconosciuto come uno dei più antichi istituti di ricerca economica in Germania.

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Per chi volesse leggere l’intero report lo trova al link:

https://www.ifw-kiel.de/fileadmin/Dateiverwaltung/IfW-Publications/fis-import/1f9c7f5f-15d2-45c4-8b85-9bb550cd449d-Kiel_Report_no1.pdf

La prima considerazione che va fatta e che fa il Kiel Report è la distinzione tra un frettoloso tentativo di riarmo e una strategia di deterrenza.

“Fallire nella deterrenza – sottolinea il Kiev Institute – significherebbe una maggiore probabilità di una guerra costosa. Invece di perseguire una “economia di guerra”, come alcuni hanno sostenuto, il bilancio della difesa tedesco deve aumentare in modo duraturo e credibile. Una domanda a lungo termine più alta e credibile porterà a un aumento delle capacità di offerta. È necessaria una strategia di armamento europea a lungo termine”.

“La spesa per la difesa – aggiunge il Kiel Institute – non è un gioco a somma zero. Le guerre sono più costose della deterrenza. L’espressione latina, “Si vis pacem, para bellum”, rimane vera. Una deterrenza fallita e una crescente probabilità di espansione della guerra non solo avrebbero costi economici maggiori rispetto agli investimenti nella difesa, ma significherebbero anche un aumento del rischio per i paesi della NATO di dover impegnarsi direttamente nei combattimenti e rischiare la vita dei cittadini. Inoltre, c’è una sostanziale evidenza che la spesa per la tecnologia militare possa innescare innovazioni che beneficiano tutti i settori dell’economia, aumentando così il PIL. La guerra in Ucraina è una potente testimonianza dell’innovazione sul campo di battaglia e documenta la necessità per le forze armate europee di avanzare nelle loro strategie di innovazione. Nel complesso, risparmiare sulla spesa per la difesa nella situazione attuale non solo comprometterebbe la sicurezza ma metterebbe anche in svantaggio le prospettive di crescita a lungo termine dell’Europa”.

Il tema, a questo punto, è: da dove parte l’Europa in tema di armamenti?

Il Kiev Institute ci presenta un quadro del patrimonio esistente di materiale militare europeo. Vediamo nella sintesi offerta dal Report.

“Ci concentriamo – scrive il Kiel – sulle forze terrestri e aeree, selezionando sei tipi di armi che riflettono meglio le capacità militari di un paese. Questi tipi sono: (1) carri armati da combattimento principali (MBT), (2) veicoli da combattimento per la fanteria (IFV), (3) altri veicoli corazzati (carri leggeri e veicoli corazzati), (4) artiglieria (cannoni trainati e semoventi e MLRS), (5) armi antiaeree (sistemi missilistici e cannoni trainati e semoventi), e (6) aerei da combattimento. Questi sono anche i principali sistemi d’arma utilizzati in Ucraina. Sebbene i droni siano anch’essi utilizzati in Ucraina, non sono disponibili dati sistematici a nostra conoscenza. Selezioniamo quattro grandi potenze militari europee, vale a dire Germania, Francia, Regno Unito e Polonia, per costruire un quadro rappresentativo delle capacità di difesa europee. Questa sezione raccoglie i dati esistenti dal International Institute for Strategic Studies (IISS) e dal Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI) per documentare le scorte disponibili di equipaggiamento militare così come il valore di queste scorte. Mostriamo anche come le scorte militari si siano evolute durante gli anni del dividendo della pace fino al 2021. Nell’Appendice A3, documentiamo le scorte dei tipi precisi di armi, che variano tra i paesi. Mostriamo dati da poco dopo la fine della Guerra Fredda (1992), da 20 anni fa (2004), dall’anno precedente all’invasione russa della Crimea (2013), così come sviluppi annuali degli anni più recenti, 2018–2021. Dati più recenti non sono disponibili. I dati sono tratti da vari rapporti di IISS Military Balance (vedi IISS 1992, 2004, 2014, 2020, 2021, 2022) e sono compilati da noi”.

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Ed eccoci ai numeri, che parlano più di ogni altra considerazionee. 

“La tabella 3.1 – scrive il Kiel – documenta un calo sostanziale delle scorte disponibili di sistemi d’arma chiave nei principali paesi europei e in Germania in particolare negli ultimi decenni. Il declino nei numeri tedeschi negli ultimi 20 anni è particolarmente notevole: nel 2004 la Germania aveva migliaia di carri armati e veicoli da combattimento per la fanteria e persino quasi mille obici. Nel 2021, questi numeri erano scesi a poche centinaia, con la Germania che aveva solo 339 carri armati e 121 obici. I numeri tedeschi del 1992 devono essere interpretati con cautela, poiché includono armi e attrezzature dall’esercito della Germania Est recentemente incorporato. Tuttavia, considerando solo i carri Leopard, cioè quelli della Germania Ovest, la Germania ne aveva circa 4200. Il declino delle scorte militari tedesche è quindi massiccio. Anche i numeri per vari tipi di equipaggiamento militare francese sono diminuiti, ma meno drasticamente rispetto alla Germania, e ora i numeri francesi sono abbastanza comparabili a quelli tedeschi. Lo stesso vale per il Regno Unito. È notevole, tuttavia, quanto pochi sistemi di difesa aerea abbia attualmente il Regno Unito – un argomento che ha recentemente suscitato qualche controversia. La Polonia si distingue per i numeri relativamente grandi di carri armati da combattimento principali e nel 2021 ne ha più di Germania, Francia e Regno Unito messi insieme. La Polonia ha anche significativamente più obici rispetto agli altri paesi. Inoltre, anche per quanto riguarda gli aerei da combattimento, i dati mostrano un calo sostanziale delle capacità negli ultimi decenni nei quattro paesi. Infine, l’equipaggiamento per la difesa aerea è disomogeneo in generale, con alcuni paesi come il Regno Unito che hanno capacità preoccupantemente limitate. Complessivamente, le capacità di difesa aerea europee sono estremamente limitate”.

A questo punto sorgono molti problemi, il primo dei quali è economico. L’Europa ha le risorse per affrontare un piano di riarmo?

Per un piano di riarmo europeo, si parla di cifre che variano notevolmente a seconda delle fonti e dei piani specifici. Secondo alcune valutazioni il costo potrebbe arrivare fino a 700 miliardi di euro.

Secondo problema: le aziende armiere europee sono in grado di produrre il necessario e sono coordinabili tra di loro?

Le industrie europee degli armamenti sono un settore significativo all’interno dell’economia europea, con un impatto sia economico che strategico.

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Alcuni dei principali attori nel settore degli armamenti in Europa includono aziende come Leonardo in Italia, Airbus (con sede in Francia), Thales e Dassault Aviation in Francia, BAE Systems nel Regno Unito, e Rheinmetall in Germania. Queste aziende sono tra le più grandi a livello mondiale e giocano un ruolo cruciale nella fornitura di equipaggiamenti militari sia per i paesi dell’UE che per esportazioni globali.

L’Europa è un grande esportatore di armi, con una quota significativa delle esportazioni globali.

Nonostante una robusta industria della difesa, alcuni paesi europei sono anche grandi importatori di armamenti, specialmente dagli Stati Uniti. La Polonia, ad esempio, ha avviato un grande programma di riarmo, importando tecnologia avanzata da Stati Uniti, Corea del Sud e Germania.

Tuttavia c’è un elemento fondamentale, dirimente per qualsiasi successivo ragionamento: la qualità tecnologica.

“Una preoccupazione significativa – scrive il Kiel Institute – è se le forze militari europee riescano a tenere il passo con la velocità dell’innovazione, ad esempio nella guerra dei droni, che ora è visibile in Ucraina e Russia. Gli analisti militari riportano una velocità di innovazione sul campo di battaglia molto rapida. Nella sua testimonianza al Congresso nell’aprile 2024, il generale americano Cavoli ha evidenziato che la Russia, dopo iniziali fallimenti e incapacità di apprendere, è riuscita a trasformare il suo esercito in un’organizzazione capace di apprendere (Cavoli, 2024). Questo apprendimento da parte della Russia e la correzione degli errori passati rendono la minaccia russa molto più grande e pone la domanda se gli eserciti europei, che attualmente non stanno combattendo, così come i loro fornitori, siano in grado di adattarsi alla situazione bellica in continua evoluzione. Le costellazioni satellitari come Starlink sono fondamentali per la guerra moderna, specialmente in combinazione con sistemi di gestione del campo di battaglia potenziati dall’intelligenza artificiale. Droni, droni marittimi, missili ipersonici, guerra elettronica, capacità cibernetiche, sistemi potenziati dall’AI e sistemi d’arma piccoli e agili sono sempre più prominenti. Il generale francese Schill (Ruitenberg, 2024) prevede che le contromisure alla fine mitigheranno la capacità dei droni economici di distruggere sistemi costosi come carri armati e persino navi da guerra. Lo sviluppo di tali contromisure dipenderà interamente da un’intensa innovazione nella guerra elettronica e nelle armi a energia diretta. Mentre l’uso di AI e droni ha permesso alle forze ucraine di rimanere resilienti nel 2024 nonostante le carenze di armi pesanti e munizioni, ciò è avvenuto anche a costo di alte perdite ucraine. Per l’innovazione della difesa europea, questo significa che è essenziale investire in molti tipi di sistemi e generare innovazione in tutto l’ecosistema della difesa. Nel complesso, l’innovazione tecnologica dovrebbe essere una priorità per la difesa europea”.

Allo stato attuale, tutta la parte di innovazione tecnologica della quale parla il Kiel Institute è nelle mani degli Stati Uniti, mentre l’Unione Europea arriva in ritardo storico.

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Un esempio tipico è IRIS².

IRIS² (Infrastructure for Resilience, Interconnectivity and Security by Satellite) è una costellazione satellitare pianificata dall’Unione Europea per fornire comunicazioni sicure, tracciamento della posizione e servizi di sorveglianza per le agenzie governative, oltre a offrire connettività broadband per aziende private e cittadini. La costellazione includerà 290 satelliti distribuiti in orbite multiple, tra cui orbite basse (LEO) e medie (MEO). Il costo totale del programma è stimato a 10,5 miliardi di euro, con un contributo dell’Unione Europea di 6,5 miliardi di euro. Il resto è finanziato attraverso fondi dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e investimenti privati. I primi servizi erano previsti per il 2024, ma le tempistiche sono state aggiornate con il primo satellite che dovrebbe essere lanciato nel 2029 e i servizi di connettività governativa e commerciale operativi nel 2030.

Questa è l’Europa.

A oggi la costellazione di SpaceX con Starlink conta più di 7.000 satelliti, che diventeranno 12mila nei prossimi anni.

Secondo Bloomberg l’Italia sarebbe in trattative avanzate con la SpaceX di Elon Musk per un contratto di 5 anni che prevede la fornitura al governo di servizi di telecomunicazione sicuri, un’operazione dal valore di 1,5 miliardi di euro. Un decimo del costo di un servizio europeo che non c’è.

I satelliti sono l’unico strumento in grado di monitorare la Terra intera, fornendo dati tempestivi e oggettivi e sono, pertanto un elemento essenziale della strategia della difesa e della deterrenza.

Questi alcuni dei numeri dell’Europa che contrastano con le vane chiacchiere di chi, purtroppo, governa L’Unione Europea e che è, da tempo, completamente fuori dalla realtà.

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