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Tutti i danni di una politica autolesionistica
֎La maggior parte delle ripercussioni negative proprio negli Stati che hanno sostenuto Trump. «Ora capiremo se il Partito repubblicano è un vero partito politico al servizio dei suoi elettori o solo un culto della personalità. Mi aspetto migliaia di licenziamenti, lavoratori in congedo forzato e il blocco dei progetti in costruzione», ha detto Jason Walsh, direttore esecutivo della BlueGreen Alliance, in un’intervista al «New York Times»֎
Il mercato delle energie pulite è in crescita ovunque negli Usa, soprattutto nei territori dove il cambiamento climatico è un tabù a livello politico. La Casa Bianca sta ostacolando importantissimi progetti nell’eolico e nel fotovoltaico, e all’orizzonte si profila un’ondata di licenziamenti che colpirà anche gli elettori del presidente.
Abbiamo già parlato dell’oscurantismo climatico attuato dall’amministrazione Trump, che ha ordinato l’eliminazione, per nulla graduale, di ogni riferimento al riscaldamento globale dai siti web governativi, compreso il portale della Casa Bianca.
Al di là dell’avvio delle procedure per uscire dall’accordo di Parigi e del provvedimento per «porre fine all’uso forzato delle cannucce di carta», il presidente degli Stati Uniti sta portando avanti una strategia subdola e tentacolare per escludere i temi climatici e ambientali dal dibattito pubblico, spianando la strada a decine di nuovi progetti legati ai combustibili fossili.
Per riuscirci, Trump vuole frenare la corsa delle fonti rinnovabili, sempre più centrali nel mix energetico statunitense. Oltre a congelare i finanziamenti destinati alle nuove fabbriche di batterie elettriche e ad altri progetti sulla mobilità sostenibile, il capo della Casa Bianca ha infatti firmato degli ordini esecutivi per bloccare gli iter di approvazione federale di importanti impianti fotovoltaici e parchi eolici. Trump, ricordiamo, crede che le turbine facciano venire il cancro e disorientino le balene. Il mercato americano delle energie pulite è paralizzato e sfiduciato, ogni nuovo investimento potrebbe di fatto risultare inutile e controproducente.
L’obiettivo a lungo termine dell’amministrazione repubblicana è l’abrogazione dell’Inflation reduction act (Ira), il piano di Joe Biden da trecentosessantanove miliardi di dollari per finanziare la transizione ecologica ed energetica. Stracciare una norma così complessa e in parte implementata, per fortuna, non sarà facile, ma la sola ipotesi di uno scenario del genere sta già demoralizzando gli operatori del settore.
C’è però un effetto boomerang che Donald Trump non sta considerando: la guerra alle rinnovabili sta colpendo soprattutto i «Red States», gli Stati Usa che votano in modo consistente per il Partito repubblicano alle elezioni presidenziali, spesso contraddistinti da peculiarità meteorologiche e territoriali perfette per l’eolico e il fotovoltaico. Basti pensare al Texas, governato dal repubblicano Greg Abbott dal 2015, dove nel 2024 si è concentrato il venticinque per cento della nuova capacità solare installata a livello federale.
Nei quasi tre anni successivi all’approvazione dell’Inflation reduction act, le aziende private agevolate fiscalmente dalla legge di Biden hanno annunciato 165,8 miliardi di investimenti complessivi in fabbriche produttrici di pannelli solari, turbine eoliche, veicoli elettrici e batterie. E circa l’ottanta per cento del denaro, stando ai dati Atlas public policy, è stato stanziato per progetti da realizzare nei «Red States».
Secondo un rapporto di Climate central, nel 2023 quattro dei cinque principali produttori statunitensi di energia solare erano «Stati Rossi» (repubblicani) o «Viola» (in bilico). Il mercato delle rinnovabili sta crescendo «anche nei posti in cui parlare esplicitamente di cambiamento climatico è impensabile» a livello politico, ha detto Sarah Mills, direttrice del Center for EmPowering Communities dell’università del Michigan.
Le energie pulite sono sempre meno costose e più redditizie per tutti, indipendentemente dal colore politico, ma Trump è accecato da un’ideologia «anti-transizione verde» e dai suoi legami con l’industria fossile statunitense (che nel 2024 ha finanziato la campagna elettorale repubblicana). Il presidente sta tradendo i suoi stessi elettori, magari impegnati in qualche progetto sulle rinnovabili, che rischiano di perdere il posto di lavoro a causa del disimpegno di Washington.
Andando più nel dettaglio, in Georgia le politiche di Trump hanno bloccato progetti dal valore complessivo di un miliardo di dollari per modernizzare la rete elettrica (e senza una rete elettrica efficiente, il potenziale delle rinnovabili resta inespresso); in Nevada ci sono sei parchi solari fermi a causa del congelamento dei permessi federali; nel Montana un impianto per la produzione di biocarburanti (il cui ruolo nella decarbonizzazione dell’automotive è discutibile, ma questa è un’altra storia) non ha ricevuto nei tempi previsti la prima tranche di un prestito federale da 1,67 miliardi di dollari. Sono tutti Stati guidati da governatori iscritti al Partito repubblicano, e dove alle elezioni presidenziali dello scorso novembre Trump ha ottenuto la maggior parte dei voti.
Chi governa questi Stati è in una posizione scomoda. Da una parte deve sostenere Donald Trump, che ritiene l’energia rinnovabile «uno spreco di denaro dei contribuenti»; dall’altra deve proteggere i lavoratori minacciati dalle politiche «anti-transizione verde» della Casa Bianca. «Ora capiremo se il Partito repubblicano è un vero partito politico al servizio dei suoi elettori o solo un culto della personalità. Mi aspetto migliaia di licenziamenti, lavoratori in congedo forzato e il blocco dei progetti in costruzione», ha detto Jason Walsh, direttore esecutivo della BlueGreen Alliance, in un’intervista al «New York Times».
BloombergNEF, una società che si occupa di ricerche strategiche in diversi settori: energia, trasporti, industria, edilizia e agricoltura, ha fatto una stima dell’impatto delle politiche di Trump sulla transizione ecologica statunitense: oltre la metà dei nuovi impianti per la produzione di tecnologie pulite (eolico, solare, batterie, veicoli elettrici), che avrebbero dovuto entrare in funzione entro la fine del 2025, è a rischio. Nella migliore delle ipotesi, questi progetti subiranno ritardi pesantissimi rispetto alle tabelle di marcia, in un momento storico in cui ogni esitazione potrebbe compromettere l’abitabilità del nostro pianeta.
Secondo Antoine Vagneur-Jones, head of Trade and Supply chain di BloombergNEF, questo clima di «significativa incertezza politica» danneggerà soprattutto i produttori che operano negli Stati che qualche mese fa hanno votato per Trump. La Casa Bianca potrebbe abrogare o ridurre i prestiti federali e gli incentivi fiscali, compromettendo le più importanti iniziative statunitensi nei campi dell’elettrificazione e delle rinnovabili: «Riportare gran parte di questa produzione negli Stati Uniti è complicato. Per riuscirci servono determinazione e chiarezza a livello politico. E quando mancano, le cose cominciano a diventare molto complicate», aggiunge.
Gli Stati Uniti sono i responsabili del tredici per cento delle emissioni di gas serra a livello globale. Ciò che succede negli Usa non resta mai solo negli Usa, anche quando parliamo di energia e lotta al cambiamento climatico. L’Ira di Biden ha stravolto positivamente gli scenari, innescando investimenti a catena nel settore delle energie pulite. Per questo, dice Nathan Schluter di Home Energy Club, le politiche di Trump rischiano di «compromettere il vantaggio competitivo che gli Usa hanno costruito nel mercato delle rinnovabili».
Nel 2024, la produzione statunitense di petrolio e gas ha raggiunto un nuovo record (complice il costante aumento della domanda di energia), ma il novantacinque per cento della nuova capacità messa in funzione nel Paese era costituito dalle rinnovabili. Nel 2023, si legge su Statista, circa il ventitré per cento dell’elettricità statunitense era generato da fonti a zero emissioni, idroelettrico incluso. Trump sta creando tutte le condizioni affinché questa crescita si blocchi, ridimensionando il ruolo americano nello scacchiere climatico globale.
Francesco Sannicandro
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