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Con il Passaporto digitale conosceremo tutto della vita dei nostri vestiti- Corriere.it #finsubito prestito immediato


 Con il Passaporto digitale conosceremo tutto della vita dei nostri vestiti
Crediti foto: Getty Images

«I brand membri della Fashion Task Force fondata da Re Carlo III, e che ho l’onore di presiedere, sono tutti fortemente impegnati per implementare il “passaporto digitale” nelle loro collezioni, a dimostrazione del fatto che la nostra organizzazione è orientata all’azione e a progetti concreti da realizzare nell’immediato, perché non c’è più tempo da perdere», dice Federico Marchetti, fondatore di Yoox, che ora guida la task force Moda della Sustainable Markets Initiative (Smi, Iniziativa per i mercati sostenibili), il piano per la transizione green del mondo del business lanciato da Re Carlo a Davos 2020.

Con un semplice Qr Code i consumatori avranno accesso a tutti i dati sugli abiti, dai materiali al luogo di fabbricazione. Oltre all’Ue ci lavora una Task Force voluta da Re Carlo III e guidata da Federico Marchetti: «La tecnologia è la chiave»

Nella compagine moda, Marchetti ha aggregato molte maison italiane, da Armani a Brunello Cucinelli. E da ultimo Prada, entrata a inizio anno, oltre a brand icona della “Britishness” come Burberry e Stella McCartney. Due gli obiettivi della task force: seguire le maison nel percorso di adozione di un Passaporto digitale e avviare progetti di agricoltura rigenerativa, capace di «restituire» risorse al terreno, anziché depredarlo. Un esempio è il piano finanziato da Cucinelli sull’Himalaya, mentre Giorgio Armani sta lavorando a uno straordinario progetto in Italia che sta riportando, dopo 60 anni, la produzione di cotone in Puglia.

Informazioni in un codice

La Digital Id, la carta di identità digitale per i capi, indica dove sono fabbricati i vestiti e con quali materie prime. L’Unione Europea la renderà presto obbligatoria: nella sua Strategia per il tessile sostenibile e circolare, l’Ue ha infatti previsto l’adozione della normativa tra il 2026 e il 2030. Un modo per fermare la deriva del greenwashing, assicurando ai consumatori informazioni complete sui loro vestiti.

Il Digital product passport (Dpp, passaporto digitale del prodotto) deve infatti racchiudere tutti i dati di un articolo, dalla materia prima ai processi di produzione, dall’uso di acqua e agenti chimici all’energia impiegata, fino alle condizioni di lavoro in azienda. Traccia, insomma, la sostenibilità verde e sociale a 360 gradi di un abito. Anche grazie all’impiego della tecnologia. «C’è un fil rouge che lega il progetto di re Carlo della Sustainable Markets Initiative di cui guido la task force moda, e quello della piattaforma di shopping online che ho lanciato: l’innovazione. Solo la tecnologia ci può salvare dal climate change», ripete Marchetti.

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Procedura celere

Esempi? Chloé Vertical è il progetto lanciato dalla maison francese nell’ambito della collezione Primavera Estate 2023. Grazie alla tecnologia di Eon, è dotata di Passaporto Digitale che contiene un certificato di garanzia, oltre a informazioni sulla tracciabilità del capo, la sua riparabilità o rivendita. Mentre Mulberry Exchange è il programma di economia circolare del brand britannico che prevede l’inserimento di un Id digitale nelle sue borse pre-loved(di seconda mano, ndr). Il Gruppo Prada è invece il promotore, insieme a Lvmh, Cartier e Otb, della blockchain Aura, creata per convogliare altri marchi del lusso in un unico sistema digitale globale, interconnesso e trasparente.

Anche Dior e Loro Piana hanno utilizzato questo tipo di passaporto digitale, come pure Tod’s: «Tod’s Passport è stato lanciato a novembre 2023 sulla Di Bag custom made e, nel 2025, ci sarà un’estensione del progetto», anticipano dalla maison. «Questa soluzione innovativa aggiunge un ulteriore grado di autenticità e trasparenza alla Di Bag, consentendo ai clienti di accedere ai certificati di prodotto, di origine, artigianalità e processi di produzione, dalla creazione all’acquisto».

Dentro ma anche fuori dalla task force Moda del progetto Smi di Re Carlo, sono tante la aziende che si stanno attrezzando con un passaporto digitale. Apripista Save the Duck, che ha deciso da anni di dotare di questo strumento tutti i suoi capi. «In Diesel, grazie a un Qr code, il consumatore può accedere a tutte le informazioni sul processo produttivo di un capo, mentre in Otb lavoriamo con Aura e gli Nfc: pronti a fornire ai consumatori le informazioni sulla tracciabilità», spiega Andrea Rosso, sustainability Ambassador di Diesel.

Filiera a portata di click

Quando sarà invece pronto il passaporto digitale per le aziende moda del gruppo Aeffe, famoso per i capi Alberta Ferretti? «Lavoro a un progetto pilota di alcuni capi con Digital Id per il 2025. Ma, a seguire, tutti gli abiti del gruppo avranno il loro passaporto», anticipa Francesco Ferretti, coo di Aeffe e figlio di Massimo, che ha fondato il gruppo con la sorella Alberta. Intanto Aeffe è stata tra i primi aderenti al consorzio Re-Crea, istituito dalla Camera della Moda guidata da Carlo Capasa. Obiettivo: arrivare preparati al momento in cui entrerà in vigore un’altra normativa europea green per la moda, quella sulla responsabilità del produttore from cradle to grave (dalla culla alla tomba, ndr), cioè sul fine vita dei capi di abbigliamento. «Stiamo lavorando per tracciare l’intera filiera di provenienza dei nostri capi per un Digital Id: cosa non facile se si pensa che, in alcuni casi, ci appoggiamo sia a grandi gruppi sia a piccoli laboratori artigianali di 3-4 persone», conclude Ferretti.

Gucci e Burberry hanno già iniziato a integrare nei loro prodotti il Dpp che, grazie a un codice digitale apposto sul capo che viene poi scansionato, dà accesso a una serie di informazioni molto dettagliate. Anche gli abiti Temperley London, stile Royal amato da principesse e regine «avranno una carta di identità digitale che traccerà materiali e produzione e li seguirà anche nel mercato del vintage che gestiremo direttamente», dice l’italiano Luca Donnini, arrivato in Temperley London dopo vent’anni in Max Mara e la guida di Guess Europe. «Con la tecnologia blockchain», anticipa, «saremo in grado di sviluppare anche una piattaforma digitale sulla quale sarà possibile trasferire la proprietà dei capi: avrà una peer-to-peer application (aperta a tutti, ndr) e sarà lanciata nel primo trimestre 2025».



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