un dipendente su tre è a rischio esaurimento

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In un clima lavorativo sempre più esigente, il rapporto Censis‐Eudaimon rivela che un lavoratore su tre soffre di esaurimento, mettendo in luce la crescente difficoltà di conciliare vita professionale e privata. I dati emergenti dipingono un quadro allarmante di stress e insoddisfazione che sta spingendo aziende e istituzioni a ripensare il concetto stesso di welfare aziendale.

Il contesto di una società in trasformazione

Negli ultimi anni il mondo del lavoro ha subito cambiamenti radicali. La pressione quotidiana, l’accumularsi di responsabilità e il costante ritmo di comunicazioni – email, call e messaggi – hanno reso sempre più arduo il compito di “staccare la spina”. Secondo il rapporto, ben il 73% dei dipendenti ha vissuto episodi di stress o ansia legati all’attività lavorativa, mentre il 76,8% non riesce a trovare un equilibrio soddisfacente tra lavoro e vita privata.

I numeri che preoccupano

Le statistiche del rapporto evidenziano che il 31,8% dei lavoratori ha sperimentato sensazioni di esaurimento e distacco dal proprio impiego. Questo fenomeno, noto come burnout, colpisce in maniera più intensa i giovani: il 47,7% di essi ha dichiarato di averne sofferto, rispetto al 28,2% degli adulti e al 23% degli anziani. Inoltre, la “sindrome da corridoio”, l’effetto negativo di portare a casa lo stress accumulato sul posto di lavoro – interessa circa 3 milioni di dipendenti, compromettendo la qualità delle relazioni personali e la salute mentale.

Altre rivelazioni del rapporto indicano che il 67,3% dei lavoratori prova frustrazione a causa del mancato supporto da parte del datore di lavoro, e ben il 36,7% ha dovuto rivolgersi a uno psicologo o a servizi di counseling per far fronte alle pressioni quotidiane.

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Le parole degli esperti

Di fronte a un simile scenario, le autorità del settore sottolineano l’urgenza di un cambiamento culturale nelle aziende. Come ha dichiarato “I tempi sono maturi per le aziende per proporsi come hub del benessere, garantendo ascolto e accompagnamento” – ha affermato Alberto Perfumo, Amministratore Delegato di Eudaimon. 

Anche Giorgio De Rita (foto), segretario generale del Censis, ha osservato: “Attrarre e trattenere lavoratori significa sempre più misurarsi con le loro nuove e inedite aspettative”.

Ulteriori spunti dal panorama attuale

Oltre ai dati del rapporto, altre fonti evidenziano una tendenza condivisa: i lavoratori italiani stanno rivalutando il significato del tempo dedicato al lavoro. Un recente articolo sottolinea come  l’87,3% degli occupati consideri l’idea di fare del lavoro il centro della propria vita un errore, e oltre il 67% vorrebbe, in futuro, ridurre l’orario lavorativo per poter dedicare più tempo alle proprie passioni e alla vita privata.

Questa esigenza di “più tempo per sé stessi” si intreccia con la richiesta di ambienti di lavoro flessibili e attenti al benessere dei dipendenti, dove il supporto psicologico e le attività di rilassamento – come yoga e meditazione – diventano strumenti indispensabili per gestire lo stress.



Le sfide per le aziende e le prospettive future


Il nuovo paradigma lavorativo impone alle imprese di rivedere le proprie strategie: creare ambienti che promuovano un benessere integrato, dove la salute fisica e mentale dei dipendenti sia al centro dell’attenzione. L’introduzione di benefit aziendali, orari flessibili e la possibilità di smart working non sono più meri optional, ma elementi essenziali per attrarre e mantenere talenti in un mercato sempre più competitivo.

Il futuro del lavoro in Italia dipenderà dalla capacità delle aziende di adattarsi a queste nuove dinamiche, offrendo soluzioni innovative e supporti concreti che possano trasformare l’esperienza lavorativa in un’opportunità di crescita personale e professionale.

Un campanello d’allarme

Il rapporto Censis‐Eudaimon rappresenta un campanello d’allarme per il mondo del lavoro italiano: lo stress e il burnout non sono più fenomeni marginali, ma realtà che interessano milioni di lavoratori. Le aziende, insieme agli istituti di formazione e agli enti pubblici, hanno ora l’urgenza di ripensare il welfare aziendale, per trasformare un ambiente lavorativo oppressivo in uno spazio di benessere e innovazione. Solo così sarà possibile ristabilire un equilibrio duraturo, dove il lavoro diventi parte integrante di una vita piena e soddisfacente.



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