il percorso del paziente, costi e prospettive future in Italia

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Una recente canzone presentata al Festival di Sanremo ha riportato all’attenzione pubblica la vulnerabilità della condizione umana, particolarmente evidente nell’età avanzata: sempre più persone affrontano malattie neurodegenerative come l’Alzheimer, una patologia che colpisce non solo chi ne è affetto, ma anche le loro famiglie e i caregiver. Ma come si arriva a una diagnosi di decadimento cognitivo? Qual è il percorso del paziente per la diagnosi e la cura? Quali sono le strutture nel nostro Paese e come funziona l’accesso? Ne abbiamo parlato con alcuni esperti in neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.

Epidemiologia dell’Alzheimer: numeri e prospettive

Massimo Filippi

Massimo Filippi, direttore dell’Unità di Neurologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e ordinario di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele, inquadra il fenomeno dal punto di vista epidemiologico: «Il decadimento cognitivo è un termine ampio che comprende diverse condizioni che portano a un declino progressivo delle funzioni cognitive. La più comune è la malattia di Alzheimer, che rappresenta circa il 60% dei casi di decadimento cognitivo e demenza. Tuttavia, esistono altre patologie: come il decadimento cognitivo vascolare, la demenza a corpi di Lewy o le demenze frontotemporali. Queste condizioni hanno in genere un esordio graduale e possono manifestarsi con sintomi differenti a seconda delle aree cerebrali colpite. La distinzione tra queste patologie è fondamentale per la gestione del paziente e per l’eventuale accesso a terapie specifiche. La diagnosi precoce è cruciale per ritardare il più possibile la progressione della malattia e migliorare la qualità di vita del paziente e dei suoi caregiver.  Attualmente, in Italia, si stima che oltre un milione di persone siano affette da decadimento cognitivo. Le proiezioni indicano che questo numero potrebbe superare i 3 milioni entro il 2050. A livello europeo, nel 2018, si contavano circa 9,8 milioni di persone con demenza e le previsioni suggeriscono che questo numero potrebbe quasi raddoppiare, raggiungendo circa 18,8 milioni entro il 2050».

In Italia si stima che oltre un milione di persone siano affette da decadimento cognitivo: nel 2050 potrebbero essere più di 3 milioni

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La malattia di Alzheimer rappresenta quindi una sfida significativa sia dal punto di vista sanitario che economico in Italia e il professor Filippi ne sottolinea anche l’impatto economico: «Secondo un rapporto del Censis e dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer (AIMA) del settembre 2024, il costo medio annuo per paziente affetto da Alzheimer è di circa 72mila euro. Di questi, 22.500 euro sono costi diretti, con il 75% a carico delle famiglie, mentre il restante è coperto dall’SSN. I costi indiretti, che includono la perdita di reddito e il tempo dedicato all’assistenza, rappresentano una porzione significativa del carico economico totale».

Diagnosi e gestione iniziale del paziente

Giordano Cecchetti, neurologo del Centro per l’Alzheimer e patologie correlate (CARD) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, spiega come viene gestita la diagnosi nelle fasi iniziali: «I primi sintomi possono essere lievi e spesso vengono attribuiti al normale invecchiamento. Tuttavia, segnali come la perdita di memoria recente, difficoltà nel linguaggio e disorientamento possono rappresentare i primi indicatori della patologia. Tali segnali, spesso minimizzati o ignorati, dovrebbero invece essere attentamente valutati, poiché riconoscerli precocemente permette di intervenire con strategie terapeutiche più efficaci per rallentare la progressione della malattia.

Giordano Cecchetti

La diagnosi della malattia di Alzheimer e delle altre cause di decadimento cognitivo richiede un approccio integrato e multidisciplinare, che vede lo specialista neurologo come coordinatore. Esami di primo livello comprendono la valutazione neuropsicologica, che permette di individuare alterazioni delle funzioni cognitive e gli esami ematici, per escludere cause reversibili di declino cognitivo, come disfunzioni tiroidee o carenze vitaminiche. Fondamentale è poi il neuroimaging: risonanza magnetica (RM) e la tomografia a emissione di positroni con FDG-PET. Oggi disponiamo inoltre di biomarcatori specifici che permettono di dimostrare in vivo la deposizione delle proteine amiloide e tau fosforilata, responsabili della malattia di Alzheimer. Nel prossimo futuro, questa metodica potrebbe diventare uno strumento fondamentale per lo screening e la diagnosi precoce della malattia di Alzheimer.

Esiste ancora una significativa disparità nelle risorse diagnostiche e nei servizi tra le diverse regioni del Paese

Cecchetti evidenzia anche la disomogeneità nell’accesso ai servizi diagnostici in Italia: «In una survey condotta su 534 Centri per i Disturbi Cognitivi e le Demenze (CDCD) italiani, è emersa una significativa disparità nelle risorse diagnostiche e nei servizi tra le diverse regioni del Paese. Questa variabilità mette in evidenza la necessità di una profonda riorganizzazione del sistema sanitario per garantire un accesso uniforme alla diagnosi e alle cure per tutti i pazienti, indipendentemente dalla loro area geografica di residenza.

Un altro aspetto cruciale è l’importanza della sensibilizzazione della popolazione generale e della formazione degli operatori sanitari sui primi segni della malattia. Interventi mirati di educazione sanitaria potrebbero favorire un riconoscimento precoce della patologia e incentivare i pazienti a rivolgersi tempestivamente agli specialisti, migliorando così l’efficacia degli interventi terapeutici».

Il finanziamento della ricerca e le nuove tecnologie

Federica Agosta

Federica Agosta, responsabile dell’Unità di Ricerca in Neuroimaging delle Malattie Neurodegenerative presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele, sottolinea le criticità del finanziamento alla ricerca in Italia: «Il finanziamento della ricerca in Italia avviene principalmente attraverso bandi competitivi, sia nazionali che europei, promossi da enti pubblici e privati. Tuttavia, uno dei problemi principali è la frammentazione delle risorse e la complessità burocratica che rallenta l’erogazione dei fondi. La ricerca traslazionale, ovvero quella che porta rapidamente le scoperte dai laboratori alla pratica clinica, richiederebbe investimenti più consistenti e continui. Inoltre, rispetto ad altri paesi europei, l’Italia investe meno nella ricerca sul decadimento cognitivo e le demenze, rendendo difficile la competizione per progetti di respiro internazionale. Una maggiore collaborazione tra istituzioni pubbliche e private, nonché una semplificazione delle procedure di finanziamento, potrebbero migliorare significativamente la capacità del nostro paese di produrre innovazione in questo ambito».

Intelligenza artificiale, telemedicina, telemonitoraggio e teleriabilitazione hanno grandi potenzialità nella diagnosi e nella gestione dell’Alzheimer

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Le nuove tecnologie stanno rivoluzionando la gestione dell’Alzheimer: «L’intelligenza artificiale (AI) sta mostrando un grande potenziale nell’analisi automatizzata delle immagini di risonanza magnetica e PET, facilitando il riconoscimento precoce dei segni della malattia. Presso il nostro centro CARD all’IRCCS San Raffaele, abbiamo sviluppato modelli basati su AI in grado di identificare pattern predittivi della progressione della malattia.

Un altro ambito in forte espansione è la telemedicina, che consente di monitorare i pazienti a distanza, migliorando l’aderenza ai trattamenti e riducendo la necessità di spostamenti. Il telemonitoraggio permette di rilevare precocemente i cambiamenti nei parametri cognitivi e clinici del paziente, consentendo interventi tempestivi. Infine, la teleriabilitazione offre opportunità per fornire supporto ai pazienti attraverso programmi di stimolazione cognitiva personalizzati».

Riorganizzazione del sistema sanitario e prevenzione

Con l’aumento della popolazione anziana, diventa sempre più necessario un modello di assistenza flessibile. Massimo Filippi afferma: «Con l’aumento della popolazione anziana e la prospettiva dell’approvazione dei primi farmaci disease-modifying per la malattia di Alzheimer (anticorpi monoclonali anti-amiloide), è necessario un modello di assistenza flessibile e accessibile. Occorre sviluppare percorsi di diagnosi precoce e una maggiore integrazione tra ospedali e servizi territoriali. L’adozione di biomarcatori plasmatici potrebbe inoltre rendere più semplice la diagnosi precoce, riducendo il carico sui centri specialistici e permettendo l’identificazione precoce di potenziali candidati per le nuove terapie».

Investire nella prevenzione potrebbe portare a una significativa riduzione dell’incidenza della malattia nei prossimi decenni

Giordano Cecchetti ribadisce l’importanza della prevenzione: «Uno stile di vita sano, con un’alimentazione equilibrata, attività fisica regolare e stimolazione cognitiva, e una corretta gestione dei fattori di rischio cardiovascolari (come ipertensione, diabete e dislipidemia) possono ridurre il rischio di sviluppare l’Alzheimer. Investire nella prevenzione potrebbe portare a una significativa riduzione dell’incidenza della malattia nei prossimi decenni».

In conclusione, affrontare la malattia di Alzheimer richiede un approccio sinergico tra prevenzione, ricerca, innovazione tecnologica e riorganizzazione sanitaria. Come sottolinea Filippi: «Solo attraverso la collaborazione tra istituzioni, ricercatori e operatori sanitari possiamo migliorare il percorso del paziente e garantire una migliore qualità di vita alle persone affette da questa patologia».



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