COP16, riprendono a Roma i negoziati sulla biodiversità

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Oggi nel quartier generale della FAO, a Roma, prende il via il “secondo tempo” della COP16 sulla biodiversità, celebrata a Cali, in Colombia, tra ottobre e novembre 2024 e conclusasi senza un accordo su alcuni temi centrali per la governance internazionale sulla tutela della natura. Per tre giorni di assemblea plenaria e di negoziati serrati, le Parti (cioè, i Paesi firmatari della CBD, la Convenzione sulla Diversità Biologica) si riuniranno per raggiungere un accordo su alcuni temi centrali:

  • primo su tutti, il nodo chiave della “mobilitazione delle risorse” – tema sul quale si era chiuso, senza un consenso, il “primo tempo” della COP16;
  • in secondo luogo, la delineazione di un sistema per monitorare e valutare i progressi verso la realizzazione degli obiettivi di biodiversità contenuti nel Kunming-Montréal Global Biodiversity Framework, ratificato nel 2022;
  • ancora sul tema dell’implementazione degli obiettivi di biodiversità, bisognerà prendere una decisione sul funzionamento del Meccanismo di Pianificazione, Monitoraggio, Rendicontazione e Revisione (Planning, Monitoring, Reporting, and Review Mechanism), che dovrà essere operativo alla prossima COP;
  • infine, un tema cruciale che divide profondamente paesi sviluppati e in via di sviluppo è la decisione su quali strumenti finanziari dovranno gestire la raccolta e la spartizione delle risorse pubbliche e private per la tutela della biodiversità: si discuterà del ruolo della GEF (Global Environmental Facility), strumento della Banca mondiale che per ora è lo strumento finanziario istituzionale della CBD ma che, secondo molti, avrebbe bisogno di una riforma sostanziale.

Come ha affermato Susana Muhamad, ministra dell’ambiente (dimissionaria) della Colombia e presidente della COP16, in una conferenza stampa antecedente all’apertura dei negoziati tenutasi il 24 febbraio 2025, l’obiettivo di questi tre giorni è rafforzare il messaggio positivo emerso dalla prima parte della COP colombiana attraverso il raggiungimento di un consenso tra le Parti, anche sugli argomenti più spinosi rimasti sul tavolo.

“A Cali abbiamo creato uno spirito particolare, che ha dato ampia legittimità al Global Biodiversity Framework. Si tratta di uno strumento di politica internazionale davvero valido, ed ora è il momento di renderlo davvero operativo, per far sì che abbia le braccia, le gambe, i muscoli per andare avanti”.

In questo momento storico – ha affermato ancora Muhamad durante la conferenza stampa – trovare un accordo condiviso è particolarmente difficile: ciò ha a che fare con «il mutamento del paesaggio geopolitico e delle relazioni di potere nel mondo, con l’aumento delle guerre e le moltissime risorse che esse richiedono». In questo scenario, ha ricordato la presidente della COP16, “è più difficile dare risalto alla necessità di finanziare la tutela della biodiversità. Ma siamo fiduciosi che la strada che abbiamo tracciato porti un messaggio positivo: anche in questo paesaggio geopolitico così frammentato e in un mondo sempre più in guerra, possiamo ancora trovare un accordo sui temi fondamentali – e uno è che dobbiamo proteggere la vita e la biodiversità”.

La riflessione della presidente della COP16: serve un compromesso

In una “nota di riflessione” pubblicata giovedì scorso, a meno di una settimana dalla ripresa dei negoziati sulla biodiversità, la presidente della COP16 ha sintetizzato la sua visione sulle motivazioni che hanno rallentato i negoziati e presentato la sua proposta per il successo di questa sessione aggiuntiva di lavori diplomatici. Nella nota, Muhamad sottolinea che il fulcro del disaccordo tra le Parti riguarda l’argomento della mobilitazione delle risorse: le discussioni intorno al tema – afferma la presidente – si sono polarizzate, ma non bisogna dimenticare che c’è un “ampio consenso” su diversi punti: tutti riconoscono la necessità di essere ambiziosi sulla mobilitazione delle risorse per colmare al più presto il deficit di finanziamento della biodiversità, e di usare a tale scopo tutte le risorse disponibili, pubbliche e private, impiegando anche strumenti finanziari innovativi.

Una delle questioni più dibattute riguarda il “meccanismo” o lo “strumento” finanziario – come è noto, gran parte dei negoziati internazionali ruota intorno al raggiungimento di un consenso su singoli termini – che la CBD dovrà adottare per gestire e redistribuire le risorse finanziarie già disponibili e quelle che verranno mobilitate da qui al 2030 (l’obiettivo indicato dal Global Biodiversity Framework è almeno 200 miliardi di dollari l’anno fino al 2030). Tutti sono d’accordo che la GEF, strumento attualmente in uso, sia inadatta allo scopo; ma, mentre i Paesi in via di sviluppo vorrebbero che si creasse un nuovo strumento dedicato esclusivamente alla gestione delle finanze per la tutela della natura, i Paesi sviluppati – sintetizza Muhamad nella sua “Reflection note” – «non vedono alcuna base per creare qualcosa di nuovo, dal momento che già esistono diversi strumenti finanziari, e che è necessario un processo basato sull’evidenza per valutare la loro efficacia». Un altro tema di dibattito riguarda le tempistiche: diversi Paesi, ricorda ancora la presidente, hanno dichiarato di non essere in grado di approntare uno strumento finanziario nel breve termine (entro la prossima COP), ma d’altro canto rimandare l’implementazione a “entro il 2030” rischierebbe di rallentare in modo significativo l’attuazione degli obiettivi.

“La presidenza – si legge nel documento – considera questo tema un grave punto di divergenza, e mira a presentare un compromesso che permetta di raggiungere un risultato chiaro entro il 2030, compromesso che consisterebbe nel rendere operativa un’architettura finanziaria migliorata che sia conforme ai criteri decisi dalle Parti, compresa l’inclusione di almeno uno strumento (esistente o nuovo) sotto l’autorità e la governance della Conferenza delle Parti”.

Se questi sono i grandi obiettivi, un altro punto di discussione centrale sarà non solo cosa fare nel breve periodo, ma anche come muoversi nei periodi “intersessionali” da qui al 2030, anno in cui si celebrerà la COP19 e si potranno forse cogliere i frutti del lavoro compiuto in questi anni.

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L’impegno dichiarato dell’Unione Europea

In vista dell’avvio dei negoziati, l’Unione Europea ha rilasciato una dichiarazione nella quale conferma il proprio impegno per “fare pace con la natura” e  rispettare gli obiettivi al 2030 del Global Biodiversity Framework attraverso lo stanziamento di risorse finanziarie per la tutela della biodiversità. Jessika Roswall, la Commissaria per l’Ambiente, la Resilienza idrica e l’Economia circolare competitiva, ha affermato: “Dobbiamo trovare insieme una via per continuare a mobilitare risorse finanziarie da tutte le fonti disponibili, e garantire che il finanziamento alla biodiversità prosegua dopo il 2030 in modo efficace e coerente. Siamo pronti a lavorare insieme alle altre parti per andare avanti e costruire sui progressi compiuti a Cali”.

L’Unione Europea ha dichiarato che sta lavorando affinché, nel corso dei tre giorni di negoziato alla FAO di Roma, si raggiunga un accordo su tutti i punti ancora aperti. Dal punto di vista dell’impegno finanziario, per ora la Commissione europea ha annunciato uno stanziamento di 7 miliardi di euro in finanziamenti internazionali per la biodiversità da mobilitare nel periodo 2021-2027; la maggior parte di queste risorse è destinata ad accordi bilaterali e a partenariati internazionali come la NaturAfrica Initiative. Inoltre, sul fronte interno, il 10% del budget dell’Unione sarà destinato, dal 2026 in poi, al sostegno di attività legate alla biodiversità.

Gli impegni economici già dichiarati da diverse nazioni “donatrici” ammontano, nel complesso, a circa 20 miliardi di dollari entro il 2025 e 30 miliardi entro il 2030: un passo in avanti, certo – e non si prevede che a questa sessione aggiuntiva della COP16 arrivino altre dichiarazioni d’impegno –, ma ancora ben lontano dall’essere sufficiente per chiudere l’attuale deficit di finanziamento alla biodiversità, che rappresenta il più grande ostacolo alla tutela della biodiversità e al contrasto al “rischio esistenziale” – come lo ha definito Muhamad nella conferenza stampa del 24 febbraio 2025 – posto dalla crisi ambientale.


Leggi gli altri approfondimenti de Il Bo Live sulla COP16 di Cali:





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