L’Emilia Romagna è la Regione italiana più all’avanguardia sui protocolli medici e assistenziali per l’interruzione volontaria della gravidanza, ma anche la più frequentata da “veglie anti-abortiste” nei pressi di un ospedale pubblico. Nel 2023 la città di Modena è stata la prima ad aderire alla campagna “40 giorni per la vita”, con effetti visibili soprattutto nelle reazioni avverse che hanno movimentato l’arena politica, nelle piazze e in Consiglio comunale. Con l’arrivo del periodo di quaresima, il prossimo 5 marzo, lo spazio antistante al Policlinico sarà conteso tra chi difende il diritto all’aborto legale e sicuro e chi lo nega. Le organizzazioni Pro-life hanno dichiarato infatti a il fattoquotidiano.it che saranno presenti e, in risposta, anche le attiviste Pro Choice hanno annunciato la loro contro-manifestazione: “Andremo anche noi in protesta. Il sindaco intervenga“, hanno dichiarato. Solo il 20 gennaio scorso, in consiglio comunale, il primo cittadino Pd Massimo Mezzetti aveva preso le distanze dall’iniziativa anti-abortista parlando di “forma di pressione” che sconfina “in violenza”. Il dem però, ha anche detto di non avere i poteri per vietarle. A pochi giorni dal possibile inizio della veglia, non è chiaro a chi e se sarà concesso lo spazio davanti all’ospedale. La questura, contattata da ilfattoquotidiano.it, non ha fornito risposte.
La presa di distanza del sindaco e i suoi poteri – Chi chiede al sindaco Mezzetti un intervento è l’Unione Atei Agnostici Razionalisti. “Per quanto la figura del ‘sindaco sceriffo’ sia stata fortemente ridimensionata dalla Consulta”, ha dichiarato Adele Orioli, responsabile azioni legali dell’Uaar, “gli permangono in capo notevoli poteri, persino per ordinanze extra ordinem, come abbiamo visto anche in epoca Covid. Come figura amministrativa apicale collabora e fa collaborare fra loro le forze di pubblica sicurezza del territorio e come figura politica elettiva ha, o quanto meno dovrebbe avere, la moral suasion necessaria per intervenire nell’immediata urgenza per impedire questo attacco frontale ai diritti delle donne e questa di fatto prevaricazione violenta del diritto di alcuni su quello di tutte”. E ha chiuso: “Non ci risulta che tutti gli assembramenti e tutte le riunioni in luogo pubblico siano sempre e ovunque e comunque possibili a totale discrezione dei partecipanti: chissà perchè, nei casi in questione che si ripetono ogni anno, questo contemperamento necessario fra diritti contrapposti non viene mai applicato”. Anche secondo l’avvocata amministrativista Antonella Anselmo, “fermi restando i diritti di associazione, riunione e manifestazione del pensiero, tutelati e garantiti dalla Carta costituzionale, il loro esercizio è regolato dalla legge”. Secondo la legale, “se prendiamo come riferimento il Regolamento di Polizia Urbana del Comune, che indica le aree urbane in cui è vietato lo stazionamento, vediamo che tra queste è inclusa l’area all’interno della quale si trova l’ospedale. Quindi se lo stazionamento è presso il presidio sanitario, a mio parere è sempre vietato”.
Dopo l’ultima sessione di preghiere antiabortiste a novembre 2024, Mezzetti ha preso posizione. Lo ha fatto durante il Consiglio comunale del 20 gennaio scorso, rispondendo all’interrogazione del consigliere Alberto Bignardi (Pd), che chiedeva quali iniziative l’amministrazione intendesse intraprendere per “garantire alle persone di accedere ai servizi sanitari”. Il primo cittadino ha allora definito le veglie di preghiera come manifestazioni che “si configurano come una forma di pressione fino a sconfinare in una forma di violenza nel momento in cui avvengono in un luogo molto sensibile come quello di un’area ospedaliera”, “tentativi di condizionamento psicologico” una pratica che “a Modena risulta particolarmente pervasiva”.
Mezzetti ha però anche dichiarato che l’amministrazione non ha poteri per impedire queste manifestazioni, richiamando l’opportunità di una legge nazionale come quella promulgata in Inghilterra e Galles che stabilisce “zone cuscinetto” intorno agli ospedali proprio per evitare questo genere di pressioni. La sua azione si è dunque risolta nella richiesta ai militanti di “40 giorni per la vita” di evitare le aree sanitarie, “vista proprio la necessità di garantire il diritto a esprimere le proprie opinioni ma senza turbare l’altrui sensibilità, in particolare quella delle donne che stanno entrando in ospedale”. Per inciso, anche l’Arcivescovo di Modena e Nonantola, Erio Castellucci è intervenuto sulla questione mettendo in discussione l’opportunità di svolgere la manifestazione davanti al Policlinico.
La campagna anti-abortista e le reazioni – 40 days for life è descritta dagli stessi promotori come una campagna internazionale nata in Texas che mira “a porre fine all’aborto attraverso la preghiera e il digiuno, la sensibilizzazione della società e una veglia pacifica dinanzi agli ospedali e alle cliniche in cui si pratica l’aborto”. I presìdi anti-abortisti si svolgono in autunno e in periodo di quaresima nell’arco di 40 giorni. A Modena si tratta di piccoli gruppi di persone che stazionano davanti al Policlinico con cartelli: “preghiamo per la fine dell’aborto”, “non sei sola”, “ogni aborto due vittime”. “La preghiera ci sarà sicuramente, dal 5 marzo e per i successivi 40 giorni”, ha dichiarato a ilfattoquotidiano.it Maria Sole Martucci, referente della campagna in Italia e consigliera comunale Fdi a Maranello. “Avremmo diritto di stare dentro all’ospedale come da recente decreto del governo e perché lo prevede l’articolo 2 della legge 194, ma l’ospedale ci chiude le porte. L’obiettivo, dunque, è intercettare le mamme per dare le informazioni di cui potrebbero avere bisogno, poiché questo non avviene facilmente per altre vie. La legge 194 è stata emanata con l’idea che l’aborto fosse un ripiego, non un diritto. Le nostre avversarie dicono che non dobbiamo metterci davanti al Policlinico perché diamo fastidio alle donne che vogliono abortire. Sappiamo di dare fastidio e se siamo lì è perché riteniamo di essere in linea con la legge 194, emanata con l’idea che l’aborto fosse un ripiego, non un diritto“, prosegue Martucci. Alla campagna, spiega, si aderisce a titolo individuale, ma qui a Modena sono coinvolte tutte le organizzazioni Pro-life del territorio (come ad esempio la Comunità Papa Giovanni XXIII che ogni settimana organizza una sua preghiera).
Le riunioni di preghiera davanti al Policlinico hanno avuto risonanza sulla stampa, innescando una mobilitazione. “La rete Pro-choice Modena“, hanno dichiarato a ilfattoquotidiano.it le promotrici Silvia Missio e Silvia Panini, “è nata in seguito alla seconda maratona di preghiera, tra febbraio e marzo 2024, in modo spontaneo e con il passaparola. Da allora si è formato un network che oggi opera a tutto tondo sui temi di salute sessuale e riproduttiva. Vogliamo che la nostra città garantisca libertà di scelta delle donne sul proprio corpo, inclusa l’interruzione volontaria di gravidanza”. E hanno chiuso con un appello al primo cittadino: “Sollecitiamo le istituzioni non solo a garantire l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, ma anche a diffondere adeguatamente l’informazione, a combattere i tabù legati all’aborto e a vigilare attentamente sulla propaganda anti-abortista”.
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