BOLOGNA. Un terzo delle aziende presenti a Slow Wine Fair 2025 appartiene al variegato mondo dei vini artigianali, biodinamici e naturali. Una tipologia che avvicina idealmente il wine lover alla natura. Ma dove risiede il successo di questi prodotti e perché sono così richiesti? Un ruolo importante lo gioca il desiderio di trovare una via di connessione con la terra, un ritorno alla natura che dagli anni post Covid ha esercitato e sta esercitando un appeal sempre maggiore sulle persone. Lo sostiene Gino Della Porta, esperto del settore, contitolare di Kippis, azienda che si occupa di marketing strategico e commercializzazione che ha fatto dei vini artigianali la propria bandiera, protagonista di una masterclass alla Slow Wine Fair di Bologna, coordinata da Alessandro Marra.
Vino, natura e relazioni
“Il vino è storicamente considerato un’esperienza di connessione tra le persone. Ma è anche una bevanda impegnativa: il vino è più alcolico della birra, la bottiglia è complessa da aprire (di rado si trova in lattina, che sarebbe molto più pratica). Ma in compenso ha un legame fortissimo col territorio – spiega Della Porta al Gusto – E più grande è il distanziamento delle persone dal contesto naturale, maggiore sarà il tempo che le persone gli dedicheranno. Sempre di più, infatti, la gente sente la necessità di reintegrare questa mancanza. E gli unici che riescono a mediare fra uomo e natura sono i viticoltori artigianali. Le aziende industriali producono bevande a volte ottime, spesso eccellenti. Ma che non permettono più quel tipo di legame. I vini artigianali forse non sono perfetti, anzi di sicuro non lo sono, però ognuno è l’espressione chiara e schietta di vignaioli che lavorano su un territorio. Questo è il tipo di esperienza che il consumatore cerca come compensazione della mancanza del contatto con la natura e con la sua origine. L’uomo oggi si è urbanizzato e così ha perso il legame con quella che era la sua origine ancestrale: il vino aiuta in qualche modo a rimettersi in connessione con questo tipo di ambiente. Però gli unici vini che riescono a centrare questo obiettivo sono quelli che hanno il coraggio di portare, senza filtri, all’interno di una bottiglia una storia che parla di un territorio e di una famiglia”.
Il boom dei vini italiani naturali all’estero
Un successo, quello dei vini artigianali, che tocca anche l’estero e in cui l’Italia ha un ruolo da protagonista. Lo sottolinea Fabio Mazza che per Kippis segue l’export: “Questo è un momento d’oro per i vini artigianali e in questa fase l’Italia si deve giocare il tutto per tutto. Gli ultimi due anni sono stati segnati dalla crisi e da importanti cambiamenti di mercato. E in questo quadro, la presenza dei vini artigianali si è ricavata un posto importante. All’estero i vini artigianali italiani sono molto apprezzati, molti importatori già conoscono i nostri brand. E di certo è meglio avere un mercato maturo da approfondire piuttosto che sparpagliare le risorse”.
I mercati più attenti al vino artigianale e naturale sono l’Europa, soprattutto Italia, Francia, Scandinavia, compresa la Danimarca, e negli ultimi anni la Spagna. Fuori dall’Ue, troviamo Nord America, Canada e Giappone, “che è stato storicamente il migliore consumatore dei vini artigianali”, come spiega Della Porta.
Certo, commercializzare questo tipo di vini non è facile, in primis per le dimensioni minuscole di alcune aziende (ci sono cantine che producono 5mila bottiglie in tutto e anche meno). E poi per l’aspetto filosofico: “Le piccole aziende di solito sono allergiche ai commerciali”, scherza ma non troppo Della Porta.
Fondamentale per raggiungere obiettivi concreti sul mercato è “dare progettualità alle aziende e costruire il percorso di crescita in modo sartoriale”, come spiega Roberto Lo Pinto di Kippis: “Interfacciarsi con la complessità e cercare il migliore interlocutore possibile per queste piccole aziende è un lavoro capillare ed essenziale, da portare avanti con tenacia”.
Il resto lo fanno la passione dei produttori, la qualità dei vini e il giusto prezzo. Ed ecco allora una selezione di sette vini artigianali che rispondono a questi criteri.
Kokhlos Verdicchio Riserva Castelli di Jesi 2022 di Edoardo Dottori
Da un’azienda giovane, ecco un’interpretazione unica di Verdicchio, caratterizzata da una forte e netta personalità. Un vino che evidenzia con slancio la nota marina e che mostra il vitigno sotto una veste nuova, pulita, profonda, senza fronzoli. Viticoltore dell’anno secondo la guida Slow Wine 2023, Edoardo Dottori ha ottenuto risultati eccellenti appena alla terza vendemmia. È un enologo che insegna alla facoltà di agraria di mattina mentre di pomeriggio si dedica alla vigna. Ottimo rapporto qualità prezzo: circa 12 euro a scaffale
Nebbiolo del Roero 2022 Le Coste
Alberto Oggero è un giovane vignaiolo under 40 che da dieci anni ha improntato la sua azienda su un concetto schietto di territorialità. Da vigne di 30-40 anni di età, con esposizione sud-ovest, un Roero che rivendica con orgoglio la sua origine, senza strizzare l’occhio alla Langa. 24 euro
Erba Salata 2021 Colle Florido
Nel calice arriva un Montepulciano d’Abruzzo ma senza denominazione (è un vino da tavola). Il nervo però è inconfondibile, quello di una delle uve rosse più robuste e carismatiche d’Italia. Siamo a Pianella (Pescara) e dietro la bottiglia c’è la mano di Andrea Ugolotti. Maître di lungo corso, ha girato ristoranti stellati in tutto il mondo. Poi, dopo l’incontro con colei che è diventata sua moglie, Daniela, professione architetta, ha cambiato vita. È tornato in Abruzzo, dopo un passaggio a Montalcino, e con la moglie ha dato vita a un’azienda agricola in cui la vera protagonista è la vigna a pergola. Siamo di fronte a un vino viscerale così come lo è il suo piccolo produttore. Un’azienda destinata a un grande successo. Questo rosso ha spalle larghe e nel contempo grande leggerezza, al naso e in bocca la nota salmastra rivela l’origine vicina al mare. Il tannino setoso è lo specchio di un’interpretazione gentile e intensa del vitigno. Super bevibile, elegante, schietto. 29 euro
Brunello di Montalcino 2020 Fornacina
A lui piace stare in vigna tutti i giorni, a parte il weekend che è dedicato alla famiglia, moglie e figlio. Anche questo è fare vini artigianali, valorizzare le persone oltre che la terra. Siamo a Montalcino, nell’azienda Fornacina, fondata da Ruggero Biliorsi nel 1981, oggi gestita dal figlio Simone. Al fianco di Biliorsi negli anni Ottanta c’era Giulio Gambelli: i due erano grandi amici, ed è stato il super enologo toscano ad aiutare l’amico a impostare un Sangiovese dal gusto autentico, che nei decenni non è mai cambiato. Un Brunello che non ha mai ceduto alle mode ma è rimasto fedele a se stesso sia nelle vinificazioni sia nello stile delle etichette. 48 euro
Barolo 2020 Scarzello
Un’azienda in forte ascesa, molto amata sia dagli estimatori di vini artigianali sia da tutti i wine lover in generale. Federico e Federica Scarzello sono la coppia del Barolo. Il 2020 degustato viene dal comune di Barolo (per lo più dalla storica vigna Sarmassa). Negli anni la produzione è cresciuta così come la fama della cantina sia in Italia sia all’estero. Nel calice emerge una grande finezza nel senso più puro del termine, figlia di una gestione scrupolosa e rispettosissima della vigna. 48 euro
L’incontro 2022 Terre di Confine
Giulia Marangon, dopo aver lavorato dal guru del Syrah toscano, Stefano Amerighi, si trasferisce a Viareggio. E lì con la compagna Rachele dà vita a un progetto agricolo originale quanto autentico. A partire dalla location: siamo fra Massa e Carrara, con le vigne vista cave di marmo, nelle terre della doc Candia dei Colli Apuani. Nel calice c’è un Vermentino a cui si affianca un 15% di altre uve fra Bosco e Albarola. Un bianco, affinato in parte in acciaio e in parte in barrique usate, che sorprende sia per il bouquet sia al palato. La nota floreale avvolge l’olfatto con dolcezza mentre in bocca il gusto è saporito e pungente. Il finale armonioso e inedito. Un vino che ha già una sua storia: la prima annata dell’Incontro è stata la 2020. 29 euro
Contrada Contro Andrea Polidoro
A 530 metri, su un terroir di argilla limo e sabbia, nasce un bianco a base di Trebbiano, Malvasia e altri vitigni a bacca bianca autoctoni. Siamo sui Monte Sibillini, nel territorio di Macerata. In una parte delle Marche inedita per il vino, dove negli anni ’60 c’erano oltre 3mila ettari vitati ma dove nei decenni successivi c’è stato un totale abbandono. A riportare in vita la vite ci ha pensato Andrea Polidoro, noto ben noto nel mondo dei vini naturali per essere stato direttore di Cupano a Montalcino, cantina di altissimo livello agronomico e dall’affascinante story telling. Polidoro, lasciate le vigne ilcinesi, torna nelle terre del nonno e porta avanti un progetto che ha come protagoniste le storiche viti maritate. Recupera così la coltura delle uve autoctone e realizza questo bianco che stupisce per l’intreccio fra robustezza e finezza. Un bianco tipico del centro Italia, come l’hanno definito gli esperti di Kippis. Non solo per essere espressione fedele del terroir ma anche e soprattutto per l’abbinamento con i piatti tipici del centro Italia, dalle paste fatte in casa con pecorino, guanciale e verdure fino ai piatti a base di maiale. In tutto, 3mila bottiglie. 48 euro
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