Unione Europea-Israele: dialogo e tensioni

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Bruxelles esprime preoccupazione per le operazioni in Cisgiordania. Critiche da Amnesty International sulla legittimità dell’incontro

Ieri 24 febbraio si è tenuta a Bruxelles la riunione del Consiglio di associazione tra l’Unione Europea e Israele.

Durante l’incontro, l’UE ha espresso preoccupazione per l’escalation delle operazioni militari israeliane in Cisgiordania e ha ribadito il diritto dei palestinesi sfollati a tornare a Gaza. L’Alto rappresentante dell’UE, Kaja Kallas, ha sottolineato l’importanza di ricostruire Gaza e di rispettare i diritti umani. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha manifestato apertura al dialogo, ma ha respinto le pressioni dell’UE, affermando che le azioni in Cisgiordania sono mirate a combattere il terrorismo e a proteggere la popolazione israeliana. 

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Israele considera questa riunione come un’opportunità per promuovere la cooperazione in vari settori con il suo principale partner commerciale e per presentare le proprie posizioni sulle questioni mediorientali. 

Tuttavia, organizzazioni come Amnesty International hanno criticato l’incontro, sostenendo che l’UE non dovrebbe accogliere rappresentanti di uno Stato i cui leader sono oggetto di mandati di arresto da parte della Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Hanno esortato l’UE a dare priorità al rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani nelle sue relazioni con Israele. 

Noi da parte nostra cogliamo l’occasione per ricostruire la memoria.

Il conflitto israelo-palestinese è tra i più complessi e duraturi della storia moderna, con una risoluzione che continua a sfuggire nonostante l’elevato costo umano e i decenni di mediazioni diplomatiche. Le visioni sul conflitto riflettono non solo le posizioni interne israeliane e palestinesi, ma anche le influenze di attori esterni che incidono sulle dinamiche politiche ed economiche della regione.

Il conflitto è segnato da un’impasse politica e da crescenti tensioni. Nei territori palestinesi, la Striscia di Gaza e la Cisgiordania affrontano disoccupazione, povertà e divisioni interne. Hamas governa Gaza con pugno di ferro, mentre l’Autorità Palestinese in Cisgiordania è spesso percepita come debole. Israele, nel frattempo, prosegue la politica di insediamenti in Cisgiordania, rafforzando il controllo su aree rivendicate dai palestinesi per un futuro Stato.

Gli scontri armati tra gruppi militanti palestinesi e l’esercito israeliano si sono intensificati, alimentando sfiducia e radicalizzazione. La guerra tra Israele e Hamas nel maggio 2021 ha dimostrato quanto sia fragile la situazione e come una scintilla possa innescare una nuova escalation.

La soluzione a due Stati, promossa da ONU, UE e diversi Paesi arabi, prevede la creazione di uno Stato palestinese accanto a Israele. Tuttavia, insediamenti israeliani, divisioni palestinesi e sfiducia reciproca hanno ostacolato i negoziati.

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Molti israeliani, soprattutto tra i partiti di destra, vedono la sicurezza come prioritaria, giustificando l’annessione di territori strategici. Il timore che concessioni territoriali possano indebolire Israele rafforza questa posizione.

I palestinesi rivendicano il diritto a uno Stato libero dall’occupazione. La divisione tra Fatah e Hamas, tuttavia, ha minato una leadership unitaria in grado di negoziare con Israele.

Un’alternativa minoritaria propone la coesistenza in un unico Stato con pari diritti. Tuttavia, ostacoli politici, demografici e ideologici ne limitano la fattibilità.

Il conflitto riflette anche interessi globali. Gli Stati Uniti sostengono Israele, pur appoggiando la soluzione a due Stati, mentre l’Unione Europea cerca di mediare con scarso impatto. Attori emergenti come Cina e Russia aggiungono nuove variabili geopolitiche. Nel mondo arabo, alcuni Paesi si avvicinano a Israele per ragioni strategiche, mentre altri sostengono la causa palestinese.

Il conflitto israelo-palestinese resta un nodo irrisolto della geopolitica internazionale. Senza un cambiamento nelle politiche interne e una rinnovata volontà di compromesso, la pace sembra lontana. Il futuro rimane incerto, e la sfida più grande sarà ricostruire la fiducia tra due popoli segnati da decenni di violenze e fallimenti diplomatici.



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